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Le novità normative – Il DPR 462/01
Ø
C'era una volta
Ø Cosa c'è ora
Ø Ambito di applicazione
del DPR 462/2001: un punto “quasi” fermo
Ø
Procedure per gli
impianti elettrici di messa a terra e i dispositivi di protezione contro le scariche atmosferiche
Ø
Procedure per gli
impianti elettrici nei luoghi con pericolo di
esplosione
Ø Disposizioni transitorie: cosa
succede in caso di impianti preesistenti
Ø Applicazione del
DPR 462/01 alle attività estrattive a cielo aperto (cave) o in sotterraneo
(miniere)
Ø Sanzioni previste
Ø Dubbi, chiarimenti interpretativi
e altre situazioni
Ø Tabella riassuntiva obblighi previsti per impianti
nuovi o con modifiche sostanziali
Ø Ambito di applicazione
Ø
Tabella riassuntiva
dei limiti entro i quali deve essere effettuata la
denuncia degli impianti
C'era una volta
Prima
del 23 gennaio 2002, giorno di entrata in vigore del DPR
462/01, la messa in esercizio degli impianti era effettuata tramite una
verifica iniziale a carico del datore di lavoro. Successivamente,
il datore di lavoro doveva inviare, entro trenta giorni dalla messa in
esercizio, la domanda di omologazione degli impianti unitamente a:
- Il modello A all’ISPESL
per i dispositivi di protezione contro le scariche atmosferiche
- Il modello B all’ISPESL per
gli impianti di messa a terra
- Il modello C all’ASL/ARPA per gli impianti
elettrici nei luoghi con pericolo di esplosione
Una volta espletata la formalità dell’invio dei modelli, il
datore di lavoro poteva mettere in servizio gli impianti, senza attendere
l’omologazione da
parte dell’ISPESL (terra e scariche atmosferiche) o dell’ASL/ARPA (esplosione).
Il datore di lavoro non aveva alcuna responsabilità se
l’omologazione avveniva a distanza di molti anni o non avveniva affatto a causa
di carenza di personale da parte degli enti preposti ai controlli.
Una volta effettuata l’omologazione, erano previste verifiche periodiche
biennali, che venivano effettuate dall’ASL/ARPA per
tutti e tre i tipi di impianto.
Il sistema di verifiche era regolato dai seguenti
articoli del DPR 27 aprile 1955, n 547:
- art. 40 del DPR 547/55 “Le installazioni ed i
dispositivi di protezione contro le scariche atmosferiche devono essere
periodicamente controllati e comunque almeno una volta ogni due anni, per
accertarne lo stato di efficienza “;
- art. 328 del DPR 547/55 “ Gli impianti di messa a
terra devono essere verificati prima della messa in servizio e
periodicamente ad intervalli non superiori a due anni, allo scopo di
accertarne la stato di efficienza. Per le officine e cabine elettriche, le
verifiche periodiche …….. devono essere eseguite
almeno ogni cinque anni, tranne nei casi di impianti di messa a terra
artificiali per i quali rimane fermo l'intervallo di due anni “
- art. 336 del DPR 547/55 “ Le installazioni
elettriche previste dagli articoli 330 e 332 (antideflagranti) devono
essere sottoposte a verifica almeno una volta ogni due anni.
Cosa c'è ora
Il
DPR 462/2001 abroga gli art. 40 e 328 del DPR 547/55 e gli art. 2, 3 e 4 del DM
12/9/59 “Attribuzioni dei compiti e determinazione delle modalità
e delle documentazioni relative all’esercizio delle verifiche e dei controlli
previste dalle norme di prevenzione degli infortuni sul lavoro” e i modelli A,
B e C allegati allo stesso DM e definisce nuove modalità di denuncia, di
omologazione e di verifica degli impianti di messa a terra, dei dispositivi di
protezione contro le scariche atmosferiche e degli impianti elettrici nei
luoghi con pericolo di esplosione. Del DM 12/9/59 sono stati invece salvati gli
articoli 11 e 12 e) e il modello 0, quindi non cambia nulla per gli impianti
di terra delle cabine e centrali elettriche di aziende
produttrici o distributrici di energia elettrica, la cui verifica continua
ad essere affidata ai datori di lavoro e il cui verbale continua ad essere
conforme al modello 0. Ricordiamo che in questi casi occorrono verifiche
periodiche ad intervalli non superiori a cinque anni, oppure a due anni nei
casi di terra artificiale.
In
sintesi le maggiori novità che vedremo sono state
introdotte dal decreto, si possono elencare in:
- Maggiori responsabilità per l’installatore
- Maggiori obblighi da parte del datore di lavoro
- Maggiori garanzie del rispetto
delle verifiche
- Introduzione di Organismi
abilitati all’effettuazione delle verifiche (analogamente a quanto già
introdotto in materia di ascensori e montacarichi)
Ambito di applicazione
del DPR 462/2001: un punto “quasi” fermo
Il
decreto si riferisce solo ed esclusivamente agli impianti realizzati nei luoghi
di lavoro intendendo con
questi i luoghi in cui si è in presenza di un
lavoratore subordinato dove (art. 3 del DPR 547/55) …”per lavoratore
subordinato si intende colui che fuori del proprio domicilio presta il proprio
lavoro alle dipendenze e sotto la direzione altrui, con o senza retribuzione,
anche al solo scopo di apprendere un mestiere, un’arte o una professione”….Quindi sono inclusi anche i luoghi in cui sono presenti solo stagisti o praticanti. Fra le attività comprese
dal decreto entrano anche quelle esercitate dallo Stato, dalle Regioni, dalle
Province, dai Comuni e da altri Enti pubblici, quindi impianti sportivi,
illuminazione pubblica, etc. Sempre l’art. 3 del DPR 547/55 precisa che “sono
equiparati ai lavoratori subordinati:
- i soci di società e di enti in genere
cooperativi, anche di fatto, che prestino la loro attività per conto delle
società e degli enti stessi;
- gli allievi degli istituti di istruzione e di
laboratori-scuola nei quali si faccia uso di macchine, attrezzature,
utensili ed apparecchi in genere.”
Nota: a parziale smentita di quanto affermato
sopra, occorre dire che in base ad alcune interpretazioni, basate su sentenze
di Pretori, il praticantato non può essere equiparato al lavoro subordinato, escludendo
così dall’applicazione del decreto quegli studi professionali nei quali operano
solo praticanti. La prima è una sentenza del Pretore di Asti dell’11 febbraio 1993 “La pratica
professionale appare incompatibile con il rapporto di lavoro subordinato, in
quanto essa serve principalmente a fare acquisire al praticante le nozioni e
l'esperienza necessarie per diventare a tutti gli effetti un libero
professionista allo stesso livello del maestro, e cioè un collega". La
seconda è una sentenza del Pretore di Rimini del 26
maggio 1994 "La circostanza che il praticante percepisca un compenso non è
idonea, di per sé, a trasformare il praticantato in rapporto di lavoro subordinato,
quando il rapporto sia sorto e si sia sviluppato con le caratteristiche proprie
del lavoro autonomo".
Procedure per gli impianti
elettrici di messa a terra e i dispositivi di protezione contro le scariche atmosferiche
Chi
e cosa deve fare e in che ordine:
- L’Installatore
realizza l’impianto
- Una volta
realizzato l’impianto, l’Installatore esegue le verifiche previste
dalle norme e dalle disposizioni di legge sull’impianto stesso.
- L’Installatore
rilascia al datore di lavoro, la dichiarazione di conformità ai sensi
dell’art. 9 della legge 46/90 e compilata in base
al modello previsto dal DM 20/2/92. La dichiarazione viene sottoscritta
dall’installatore, è datata e riporta la descrizione dell’impianto e i
riferimenti normativi, oltre che l’indirizzo dell’immobile presso cui è installato l’impianto.
- Solo dopo
il ricevimento della dichiarazione di conformità (atto che, di fatto fornisce l’omologazione degli impianti)
il datore di lavoro può mettere in esercizio l’impianto, cioè
iniziare l’attività lavorativa.
- Entro
trenta giorni dalla messa in
esercizio dell’impianto il datore di lavoro invia una copia della
dichiarazione di conformità all’ISPESL e una copia
all’ASL/ARPA territorialmente competenti.
Nei comuni in cui sia stato attivato lo Sportello
Unico per le attività produttive, le due copie vanno inviate ad esso, che
provvederà all’inoltro ai soggetti precedenti (ISPESL e ASL/ARPA). Non è necessario inviare, insieme alla dichiarazione di
conformità, anche gli allegati obbligatori e facoltativi previsti dal DM
20/2/92. Questi allegati, conservati presso il luogo dell’impianto,
devono essere resi disponibili in occasione delle visite periodiche del
verificatore. Il datore di lavoro, pertanto, invia insieme alla
dichiarazione (senza allegati, come detto) un modulo di trasmissione della
dichiarazione in cui si descrive localizzazione,
tipologia e dimensioni dell’impianto.
- L’ISPESL
rilascia un attestato di avvenuta ricezione della
dichiarazione di conformità, trasmessa dal datore di lavoro o dallo
sportello unico, al fine di documentare l’adempimento dell’obbligo.
- Anche l’ASL/ARPA
deve rilasciare un attestato di avvenuta
ricezione della dichiarazione di conformità, trasmessa dal datore di
lavoro o dallo sportello unico, al fine di documentare l’adempimento
dell’obbligo.
- La
descrizione sommaria dell’impianto, fatta con il modulo di trasmissione
della dichiarazione di conformità, serve all’ISPESL per effettuare delle verifiche a campione sulla
conformità degli impianti alla normativa vigente, inserite in una
programmazione concordata con la regione. Le risultanze
di tali verifiche vengono inviate dall’ISPESL all’ASL/ARPA di competenza
territoriale. Queste verifiche sono a carico del datore di lavoro.
- Il datore
di lavoro è tenuto ad effettuare regolare manutenzione
degli impianti.
- Il datore
di lavoro è tenuto a far sottoporre gli impianti a verifica
periodica. La richiesta di verifica, tramite
un apposito modulo, può essere fatta all’ASL/ARPA oppure ad organismi
individuati dal Ministero delle attività produttive. Questi organismi,
vengono individuati anche attraverso la conoscenza della norma UNI CEI
45004 “Criteri generali per il funzionamento dei vari tipi di organismi che effettuano attività di ispezione”,
oltre alla conoscenza delle norme CEI dei comitati 11 “Impianti elettrici
ad alta tensione e di distribuzione di bassa tensione”, 31 “Materiali
antideflagranti”, 64 “Impianti elettrici utilizzatori di bassa tensione”,
81 “Protezione contro i fulmini”. Anche queste
verifiche sono a carico del datore di lavoro. La richiesta di verifica deve essere:
- biennale: per gli
impianti installati nei cantieri, nei locali ad uso medico, negli
ambienti a maggior rischio in caso di incendio.
- quinquennale: per
gli impianti installati in tutti gli altri ambienti.
- Una volta
eseguita la verifica, chi l’ha eseguita (ASL/ARPA od organismo
abilitato) rilascia un verbale al datore di lavoro, il quale lo deve
conservare in caso di controllo degli organi di
vigilanza e per le successive verifiche.
- Il datore
di lavoro, in caso di cessazione, modifica sostanziale o
trasferimento/spostamento degli impianti,
comunica immediatamente la modifica all’ISPESL e all’ASL/ARPA. La
modifica sostanziale oltre la quale occorre
effettuare la comunicazione si può ritenere essere quella che comporta
l’obbligo del rilascio della dichiarazione di conformità di cui all’art. 9
delle legge 46/90.
- L’ASL/ARPA
od organismo abilitato effettua una verifica
straordinaria dell’impianto in caso di:
- esito negativo della verifica periodica; si possono verificare due casi:
- violazione di norme di legge penalmente sanzionate (ad es. DPR 547/55 Titolo VII, Dlgs 626/94); in questo caso il verificatore, se ha
la qualifica di Ufficiale di Polizia Giudiziaria (UPG), provvederà ad
attivare le procedure sanzionatorie previste
dal Dlgs 758/94, mentre se ha la qualifica di
Pubblico Ufficiale (PU) provvederà ad avvertire i soggetti competenti;
- violazioni riferite alle norme di buona tecnica
(particolarmente alle norme CEI); in questo caso il verificatore segnalerà nel verbale di
verifica le motivazioni dell’esito negativo del verbale con riferimento
alle specifiche norme applicabili.
- modifica sostanziale dell’impianto: è compito del datore di lavoro individuarla.
In ogni caso si può far riferimento alla circolare ISPESL 24/10/1994, n.
12988 dove si intendono per modifiche
sostanziali degli impianti elettrici di messa a terra “quelle
modifiche che in qualche modo coinvolgono l’impianto totalmente o nel
punto di consegna. Sono esempi di modifica sostanziale:
- le
variazioni della categoria dell’impianto o della tensione di
alimentazione (es. da 400 V a 600 V);
- un
aumento di potenza che comporti una modifica preponderante del quadro
generale o della cabina di trasformazione;
- una modifica del sistema elettrico o del sistema di protezione
contro i contatti indiretti, se tale modifica interessa tutto
l’impianto;
- negli impianti di II categoria l’aumento del numero delle cabine di
trasformazione o variazioni sostanziali all’interno di esse;
- cambio di destinazione dell’utenza, con diversa applicazione normativa
(es. magazzino di vendita trasformato in laboratorio ad uso medico).
Non sono perciò, ad esempio, da
considerarsi trasformazioni sostanziali, le modifiche dei quadri elettrici
secondari e nei circuiti terminali, l’aumento della potenza contrattuale o il
cambio di ragione sociale se ciò non comporta modifiche sull’impianto
elettrico”. Per gli impianti di protezione contro le
scariche atmosferiche, sono invece esempi di modifiche sostanziali:
- una nuova classificazione della struttura o una modifica del numero
di eventi limite;
- una variazione della categoria dell’impianto.
- richiesta del datore di lavoro; in questo caso il datore di lavoro dovrà
indicare le motivazioni della richiesta di verifica straordinaria
Anche le verifiche straordinarie sono onerose e le spese per la loro
effettuazione sono a carico del datore di lavoro (anche se l’art. 7 del
DPR 462/2001 non lo specifica chiaramente). Al termine della verifica, il
tecnico redige il verbale di verifica,
precisando la natura straordinaria della verifica, l’esito finale della
stessa e ne rilascia una copia al datore di lavoro.
- L’effettuazione delle
verifiche straordinarie non modifica la data di scadenza delle
verifiche periodiche, che rimangono riferite alla data della prima
dichiarazione di conformità dell’impianto.
Procedure per gli impianti
elettrici nei luoghi con pericolo di esplosione
Chi
e cosa deve fare e in che ordine:
- L’Installatore
realizza l’impianto.
- Una volta
realizzato l’impianto, l’Installatore esegue le verifiche previste
dalle norme e dalle disposizioni di legge sull’impianto stesso.
- L’Installatore
rilascia al datore di lavoro, la dichiarazione di conformità ai sensi
dell’art. 9 della legge 46/90 e compilata in base
al modello previsto dal DM 20/2/92. La dichiarazione viene sottoscritta
dall’installatore, è datata e riporta la descrizione dell’impianto e i
riferimenti normativi, oltre che l’indirizzo dell’immobile presso cui è installato l’impianto.
- Solo dopo
il ricevimento della dichiarazione di conformità, il datore di lavoro
può mettere in esercizio l’impianto, cioè
iniziare l’attività lavorativa (in questo caso, al momento attuale
l’impianto non è ancora omologato).
- Entro
trenta giorni dalla messa in
esercizio dell’impianto il datore di lavoro invia una copia della
dichiarazione di conformità all’ASL/ARPA territorialmente competenti.
Nei comuni in cui sia stato attivato lo Sportello
Unico per le attività produttive, la copia va inviata ad esso, che
provvederà all’inoltro al soggetto precedente (ASL/ARPA). In questo caso,
poiché l’omologazione dell’impianto è subordinato alla prima verifica
dell’ASL/ARPA, è meglio inviare, insieme alla dichiarazione di conformità,
anche gli allegati obbligatori e facoltativi previsti dal DM 20/2/92, cioè eventuale progetto, relazione con tipologie dei
materiali utilizzati, schemi, riferimenti a dichiarazioni di conformità
precedenti, copia del certificato di riconoscimento dei requisiti
tecnico-professionali. Il datore di lavoro, pertanto, invia insieme alla
dichiarazione ed agli allegati, un modulo di trasmissione della
dichiarazione in cui si descrive localizzazione,
tipologia e dimensioni dell’impianto.
- L’ASL/ARPA
rilascia un attestato di avvenuta ricezione della
dichiarazione di conformità, trasmessa
dal datore di lavoro o dallo sportello unico, al fine di documentare
l’adempimento dell’obbligo.
- L’ASL/ARPA,
entro due anni, effettua la prima verifica
sull’impianto, che ha valore di omologazione. Ricordiamo che l’omologazione è l’atto
amministrativo che attesta la conformità dell’impianto considerato alla
regola d’arte e alle leggi vigenti in materia.
- Il
datore di lavoro è tenuto ad effettuare regolare
manutenzione degli impianti.
- Il
datore di lavoro è tenuto a far sottoporre gli impianti a verifica periodica. La richiesta di verifica, tramite un
apposito modulo può essere fatta all’ASL/ARPA oppure ad organismi
individuati dal Ministero delle attività produttive. Questi organismi
vengono individuati anche attraverso la conoscenza della norma UNI CEI
45004 “Criteri generali per il funzionamento dei vari tipi di organismi che effettuano attività di ispezione”,
oltre alla conoscenza delle norme CEI dei comitati 11 “Impianti elettrici
ad alta tensione e di distribuzione di bassa tensione”, 31 “Materiali
antideflagranti”, 64 “Impianti elettrici utilizzatori di bassa tensione”,
81 “Protezione contro i fulmini”. Queste verifiche sono a carico del
datore di lavoro. La richiesta di verifica deve
essere:
- Una volta
eseguita la verifica, chi l’ha eseguita (ASL/ARPA od organismo
abilitato) rilascia un verbale al datore di lavoro, il quale lo deve
conservare in caso di controllo degli organi di
vigilanza e per le successive verifiche.
- Il
datore di lavoro, in caso di cessazione, modifica sostanziale o
trasferimento/spostamento degli impianti,
comunica immediatamente la modifica all’ASL/ARPA. La modifica sostanziale oltre
la quale occorre effettuare la comunicazione si può ritenere essere
quella che comporta l’obbligo del rilascio della dichiarazione di
conformità di cui all’art. 9 delle legge 46/90.
- L’ASL/ARPA
od organismo abilitato effettua una verifica
straordinaria dell’impianto in caso di:
- esito negativo della verifica periodica; si possono verificare due casi:
- violazione di norme di legge penalmente sanzionate (ad es. DPR 547/55 Titolo VII, Dlgs 626/94); in questo caso il verificatore, se ha
la qualifica di Ufficiale di Polizia Giudiziaria (UPG), provvederà ad
attivare le procedure sanzionatorie previste
dall’art. 89 del Dlgs 626/94, mentre se ha la
qualifica di Pubblico Ufficiale (PU) provvederà ad avvertire i soggetti
competenti;
- violazioni riferite alle norme di buona tecnica (particolarmente alle norme CEI); in questo
caso il verificatore segnalerà nel verbale di verifica le motivazioni
dell’esito negativo del verbale con riferimento alle specifiche norme
applicabili.
- modifica sostanziale dell’impianto: è compito del datore di lavoro individuarla.
In ogni caso si può far riferimento ad un chiarimento del Ministero delle
Attività Produttive, il quale afferma che occorre l’omologazione dopo la messa in esercizio degli impianti installati in
luoghi con pericolo di esplosione nei casi di nuovo impianto, di
trasformazione e di ampliamento (come da legge 46/90). Ne risulta che la modifica sostanziale, che necessita di
verifica straordinaria, ma non di omologazione, si identifica con la
“manutenzione straordinaria” (come da legge 46/90)
- richiesta del datore di lavoro: in questo caso il datore di lavoro dovrà
indicare le motivazioni della richiesta di verifica straordinaria.
Anche le verifiche straordinarie
sono onerose e le spese per la loro effettuazione sono a carico del
datore di lavoro (anche se l’art. 7 del DPR 462/2001 non lo specifica
chiaramente). Al termine della verifica, il tecnico redige il verbale di verifica, precisando la natura straordinaria della verifica,
l’esito finale della stessa e ne rilascia una copia al datore di lavoro.
- L’effettuazione delle
verifiche straordinarie non modifica la data di scadenza delle verifiche
periodiche, che rimangono
riferite alla data della prima dichiarazione di conformità dell’impianto.
Disposizioni transitorie: cosa succede in caso di
impianti preesistenti
Si
possono analizzare diversi casi che si possono verificare:
- Impianti già denunciati prima del 23/01/2002 e sottoposti in passato, ad
omologazione o verifica
- Il datore
di lavoro confronta la data dell’ultima verifica dell’impianto, con
la scadenza prevista dal DPR 462/01.
- Se i due
anni (impianti verificati dopo il 23/01/00) o cinque anni (impianti
verificati dopo il 23/01/97), a seconda dei
casi, non sono stati superati, ovviamente si attende fino
alla scadenza, e poi si chiede la verifica.
- Se i due
anni (impianti verificati prima del 23/01/00) o cinque anni (impianti
verificati prima del 23/01/97) sono invece già trascorsi, il
datore di lavoro deve chiedere subito la verifica periodica
all’ASL/ARPA od organismo abilitato.
- Impianti
già denunciati, ma non ancora sottoposti a verifica e quindi in attesa di prima verifica
- Il datore
di lavoro confronta la data della denuncia dell’impianto effettuata
con i modelli A, B o C, con la data di entrata
in vigore della legge (23/01/2002).
- Per gli
impianti che prevedono verifica quinquennale, se
la data della denuncia è antecedente al 23/01/1997, il datore di lavoro
deve presentare subito richiesta di verifica all’ASL/ARPA od
organismo abilitato.
- Per gli
impianti che prevedono verifica biennale, se
la data della denuncia è antecedente al 23/01/2000, il datore di lavoro
deve presentare richiesta di verifica all’ASL/ARPA od organismo
abilitato.
- Nel caso
in cui il biennio o il quinquennio non sia
ancora compiuti, si attende la scadenza e si invia la richiesta di
verifica.
- Impianti mai denunciati e realizzati dopo
l’entrata in vigore della legge 46/90 (13 marzo 1990)
- Se il
datore di lavoro ha la dichiarazione di conformità, la invia all’ISPESL
e/o all’ASL/ARPA, per la denuncia dell’impianto , seguendo quindi una procedura simile a quella
prevista per i nuovi impianti. Ci si deve aspettare una sanzione
pecuniaria per inadempienza degli obblighi previsti dagli art. 40, 328 e
336 del DPR 547/55 (omessa denuncia)
- Se il
datore di lavoro non ha la dichiarazione di conformità, occorre affidare
ad un’impresa installatrice interventi di ristrutturazione/adeguamento degli impianti, facendosi rilasciare poi una
dichiarazione di conformità da inviare all’ISPESL e/o all’ASL/ARPA, per la denuncia dell’impianto.
Ovviamente è possibile una sanzione pecuniaria per doppia inadempienza.
- Impianti
mai denunciati e realizzati prima dell’entrata in
vigore della legge 46/90 (13 marzo 1990)
- Se l’impianto non è
stato oggetto di ristrutturazioni, non è in possesso della dichiarazione
di conformità (ed è normale che sia così).
- Il datore
di lavoro fa accertare da un professionista
abilitato iscritto all’Albo, la rispondenza dell’impianto ai requisiti
essenziali di sicurezza previsti.
- Se l’impianto è conforme alla regola d’arte, il datore di lavoro
invia, al posto della dichiarazione di conformità, una dichiarazione
sostitutiva di atto di notorietà
(atto notorio) in analogia con quanto previsto dall’art. 6 del DPR
392/94, insieme alla relazione di verifica tecnica degli impianti,
effettuata dal professionista. Inoltre è necessario predisporre la
documentazione aggiornata dell’impianto, che risulta
indispensabile per l’esecuzione delle verifiche periodiche e per
l’esercizio dell’impianto.
- Se l’impianto non risulta conforme alla regola d’arte,il datore di
lavoro incarica un’impresa installatrice di eseguire lavori di
adeguamento/completamento/ristrutturazione dell’impianto. Dopo di che invia la dichiarazione di
conformità dell’intero impianto (non soltanto dei lavori di
ristrutturazione) all’ISPESL e/o all’ASL/ARPA
- Ci si
deve aspettare una sanzione per omessa denuncia.
- Impianti
realizzati dopo l’entrata in vigore della legge 46/90 (13 marzo 1990) e
non soggetti all’obbligo di rilascio della
dichiarazione di conformità
(es. impianti di protezione da scariche atmosferiche in edifici non
adibiti ad uso civile, impianti elettrici installati all’aperto, impianti
di illuminazione pubblica, etc.)
Ricordiamo infatti che alcune tipologie di impianto non ricadono
nell’ambito di applicazione della legge 46/90, la quale prevede il
rilascio della dichiarazione di conformità. Ad esempio la legge non prende in considerazione gli impianti
elettrici installati completamente all’aperto; prende in considerazione
gli impianti di protezione dalle scariche atmosferiche solo negli edifici
adibiti ad uso civile e quindi non nei luoghi di lavoro. Un eventuale
futuro Testo Unico sull’impiantistica potrebbe
sanare la situazione prevedendo l’ applicazione della legge 46/90 agli
impianti installati negli “edifici quali ne sia la destinazione d’uso”,
risolvendo così il problema per gli impianti di protezione dalle scariche
atmosferiche. In attesa che la situazione si
sistemi, l’obbligo di rilascio della dichiarazione di conformità
(previsto dal DPR 462/01) si può intendere soddisfatto con una
dichiarazione di esecuzione alla regola dell’arte riferita alla legge
186/68. (Circolare ISPESL)
- Il datore
di lavoro incarica un’impresa installatrice di eseguire un controllo
sull’impianto;
- L’impresa
installatrice rilascia una dichiarazione di esecuzione
alla regola dell’arte ai sensi della legge 186/68, unitamente ad una
dichiarazione di verifica dell’impianto.
- Impianti già denunciati e privi della
dichiarazione di conformità, perché realizzati prima dell’entrata in
vigore della legge 46/90 (13 marzo 1990)
In teoria si ricade nel caso
a). In pratica sarebbe auspicabile che la procedura seguisse quella del
caso d). Nel caso in cui l’impianto venisse
ristrutturato, l’impresa installatrice al termine dei lavori rilascerebbe
la dichiarazione di conformità e il datore di lavoro la invierebbe
all’ISPESL e all’ASL/ARPA. La scadenza delle
verifiche periodiche non viene però modificata dall’invio della
dichiarazione di conformità, e rimane quindi quella già stabilita in
precedenza, a partire dal momento in cui l’impianto è entrato in servizio.
- Impianti
che passano, attraverso un’operazione di subentro,
da un datore di lavoro ad un altro
- Se il
nuovo datore di lavoro non ha introdotto modifiche
sostanziali all’impianto, non cambia sostanzialmente nulla. L’unico
obbligo del nuovo datore di lavoro è quello di comunicare all’ISPESL e
all’ASL/ARPA la variazione di ragione sociale.
- Se il
nuovo datore di lavoro introduce modifiche sostanziali all’impianto (es. cambio alimentazione da BT a MT, cambio di
destinazione d’uso di un locale, etc.), oltre
alla variazione di ragione sociale deve comunicare all’ISPESL e
all’ASL/ARPA la modifica effettuata. In questo caso è necessario che
il datore di lavoro si attivi anche per
richiedere la verifica straordinaria prevista dal DPR 462/01 in caso di
modifica sostanziale dell’impianto.
- Se il
nuovo datore di lavoro sostituisce completamente l’impianto, si ricade
nel caso della denuncia di un nuovo impianto
- Se il
vecchio datore di lavoro non aveva denunciato gli impianti, si ricade in
uno dei casi esaminati precedentemente, con la
differenza che ora il reato di omessa denuncia non può (o non dovrebbe)
essere contestato al nuovo datore di lavoro.
Applicazione del DPR 462/01
alle attività estrattive a cielo aperto (cave) o in sotterraneo (miniere)
In
questo caso un aiuto all’interpretazione è giunto dalla Direzione Generale per
l’Energia e le Risorse Minerarie, che ha risposto ad un quesito posto dall’Ufficio Prevenzione e Sicurezza della Regione Toscana,
riguardo all’applicabilità del DPR 462/01 a cave e miniere.
Con una risposta datata 18 aprile 2002 si conferma
sostanzialmente che l’articolo di riferimento per le verifiche periodiche
nel settore minerario è il 31 del Dlgs 624/96
“Attuazione della direttiva 92/91/CEE relativa alla sicurezza e salute dei
lavoratori nelle industrie estrattive per trivellazione e della direttiva
92/104/CEE relativa alla sicurezza e salute dei lavoratori nelle industrie
estrattive a cielo aperto o sotterranee”. Al comma 1 dell’art 31 vengono
indicate le modalità di denuncia “Il datore di
lavoro, conformemente alle modalità di cui al decreto del Ministro del lavoro
in data 12 settembre 1959, ……. e successive modifiche
ed integrazioni, deve denunciare all’autorità di vigilanza competente, prima
della loro messa in esercizio, le attrezzature e gli impianti per i quali sono
previste verifiche periodiche nei citati decreti n. 547 del 1955, n. 128 del
1959 e n. 886 del 1979”, mentre al comma 4 dello stesso art. 31 si indicano
i tipi di verifica da effettuare e la loro periodicità “Le verifiche
periodiche degli impianti di messa a terra, delle installazioni e dei
dispositivi di protezione contro le scariche atmosferiche omologati ai
sensi dell’articolo 1 del decreto interministeriale 15 ottobre 1993, n. 519,
……… sono condotte dall’autorità di vigilanza competente ad intervalli non
superiori a 2 anni”.
L’autorità
di vigilanza competente citata al comma 4, viene esplicitata
all’art. 3 del Dlgs 624/96: si tratta della Direzione
generale delle miniere e dei suoi uffici periferici per quanto riguarda le
attività minerarie relative a sostanze minerali di prima categoria (estratti
dalle miniere come grafite, combustibili solidi, liquidi e gassosi, rocce asfaltiche e bituminose, pietre preziose, acque minerali e
termali, etc. ), e delle Regioni per quanto riguarda le attività estrattive
relative a sostanze minerali di seconda categoria (estratti dalle
cave come materiali per costruzioni edilizie, stradali e idrauliche,
quarzo, sabbie silicee, etc. ). Per un elenco completo delle
sostanze occorre consultare il RD 1443 del 29 luglio 1927.
Al
comma 5 dell’art. 31 viene consentito che “l’autorità di vigilanza possa
avvalersi, d’intesa con il datore di lavoro, di Enti e
laboratori conformi alle norme tecniche armonizzate, previamente individuate
dall’autorità stessa; le spese relative sono a carico del datore di lavoro.
L’art.
31 fa riferimento al DM 12/09/59 - gli art. 2,3,4 e i modelli A,B,C del DM sono stati abrogati - quindi le denunce non
possono che effettuarsi attraverso il DPR 462/01 che ha sostituito, in un certo
qual modo, il DM 12/09/59.
In
conclusione si può affermare che anche le verifiche in cave e miniere vanno effettuate seguendo le procedure previste dal DPR 462/01.
Sanzioni previste
Dopo
il 10 settembre 2003 con l’entrata in vigore del Dlgs
233/03 “Attuazione della direttiva 99/92/CE relativa alle prescrizioni minime
per il miglioramento della tutela della sicurezza e della salute dei lavoratori
esposti al rischio di atmosfere esplosive”, occorre
distinguere due situazioni sanzionatorie differenti.
La prima per gli impianti di terra e dispositivi di protezione dalle scariche
atmosferiche, per i quali ci si deve ancora rifare al DPR 547/55, e la seconda
per gli impianti nei luoghi con pericolo di
esplosione, per i quali il nuovo decreto ha classificato inadempienze e
sanzioni differenti:
- Impianti
di terra e dispositivi di protezione dalle scariche atmosferiche: All’art. 9 comma 2, il DPR 462/01 afferma: “I
riferimenti alle disposizioni abrogate contenute in altri testi normativi si intendono riferiti alle disposizioni del presente
regolamento”. Cosa si intende con questa frase
abbastanza criptica? Che le sanzioni previste in
caso di violazione a disposizioni contenute in articoli abrogati (art. 40
e 328 del DPR 547/55), sono applicabili in caso di inosservanza agli
obblighi previsti dal DPR 462/01.
Quindi, le sanzioni applicabili in caso di omesso
invio della dichiarazione di conformità per i nuovi impianti, o di mancata
richiesta ed effettuazione delle verifiche periodiche, sono quelle
previste al punto c) dell’art. 389 del DPR 547/55, che prevede l’arresto
fino a tre mesi o l’ammenda da lire cinquecentomila (euro 258) a lire due
milioni (euro 1033). Trattandosi di verifiche
che riguardano la materia della sicurezza ed igiene del lavoro, in caso di
accertata violazione verranno applicate le procedure previste dal Dlgs 758/94 “Modificazioni alla disciplina sanzionatoria in materia di lavoro”.
Le sanzioni possono essere comminate da funzionari e ispettori USL ,
che abbiano la qualifica di Ufficiali di Polizia Giudiziaria (art. 21
legge 883/78).
I verificatori degli Organismi abilitati non hanno la qualifica di UPG (e
nemmeno tutti gli ispettori USL), ma in base all’art. 357 del Codice
Penale, esercitando una pubblica funzione legislativa, sono a tutti gli
effetti Pubblici Ufficiali (PU). I PU non possono emettere prescrizioni ai
sensi del Dlgs 758/94, ma sono tenuti (art. 361
Codice Penale) a denunciare eventuali inadempienze ad un’autorità in
possesso della qualifica UPG affinché questa emetta
la prescrizione.
In qualsiasi modo giunga la prescrizione l’iter è il seguente:
- L’organo
di vigilanza (con qualifica UPG) emette la prescrizione, cioè il provvedimento attraverso il quale si
impartisce l’ordine al datore di lavoro di rimuovere la situazione di
pericolo riscontrata;
- L’organo
di vigilanza fissa un termine temporale per la regolarizzazione,
tecnicamente necessario al datore di lavoro per eliminare le violazioni;
- L’organo
di vigilanza invia una copia della prescrizione
al pubblico ministero e al rappresentante legale dell’ente presso il
quale si è riscontrata la violazione;
- Il
pubblico ministero iscrive il contravventore nel registro degli indagati,
sospendendo l’azione penale fino a che non sono scaduti i termini della
prescrizione;
- Entro
sessanta giorni dalla scadenza della
prescrizione l’organo di vigilanza deve verificare se è avvenuta la
regolarizzazione;
- Se la
regolarizzazione è avvenuta, il datore di lavoro è ammesso a pagare una
sanzione all’organo di vigilanza, pari a un quarto del massimo previsto
(1033/4 = 258 euro); viene data comunicazione al pubblico ministero
dell’avvenuto pagamento, il procedimento penale viene archiviato e il
reato considerato estinto;
- Se la
regolarizzazione avviene in tempi e modi diversi da quelli previsti, il
datore di lavoro può pagare una sanzione al pubblico ministero, pari a un
quarto del massimo (258 euro);
- Se la
regolarizzazione non è avvenuta l’organo di vigilanza avverte il datore
di lavoro e il pubblico ministero della scadenza dei termini; ci sarà un
rinvio a giudizio davanti al pretore oppure il contravventore sfrutterà
l’ultima via di uscita amministrativa che consiste nel versare
un’oblazione ordinaria pari alla metà del massimo previsto (516 euro)
Ricordiamo che gli organi di vigilanza che possono emettere prescrizioni,
oltre all’ASL, sono l’ISPESL, l’Ispettorato del Lavoro, i Nas, etc.
- Impianti
in luoghi con pericolo di esplosione:
Per questo tipo di impianti il decreto 233/03, inserito come titolo VIII
bis all’interno del Dlgs 626/94, introduce, per
alcune precise inadempienze da parte del datore di lavoro, delle sanzioni
di entità superiore rispetto a quanto previsto per le mancate verifiche
sugli altri impianti. Queste sanzioni sono previste dall’art.
89, comma 2° del Dlgs 626/94 e consistono
nell’arresto da tre a sei mesi o l’ammenda da lire tre milioni (1549 euro)
a lire otto milioni (4132 euro). Riportiamo l’elenco delle violazioni che
comportano ciascuna l’applicazione di queste sanzioni, inserendo anche
quelle che non sono strettamente connesse con le mancate verifiche:
- Il
datore di lavoro non provvede affinché le installazioni elettriche nelle
aree classificate come zone 0, 1, 20 e 21, siano sottoposte a verifica biennale come previsto dal DPR 462/01
- Il datore
di lavoro non provvede ad effettuare la
classificazione in zone delle aree in cui possono formarsi atmosfere
esplosive
- Il datore
di lavoro non assicura che nelle zone pericolose siano applicate le
prescrizioni minime di sicurezza previste all’allegato XV-ter del Dlgs 233/03
- Il datore
di lavoro non effettua il coordinamento di tutte
le misure riguardanti la salute e la sicurezza dei lavoratori e non
specifica nel documento sulla protezione contro le esplosioni,
l’obiettivo, le misure e le modalità di detto coordinamento
- Il datore
di lavoro non prende provvedimenti necessari per strutturare
gli ambienti di lavoro dove possano svilupparsi atmosfere esplosive pericolose,
in modo da permettere di svolgere il lavoro in condizioni di sicurezza
- Il datore
di lavoro non prende provvedimenti necessari per strutturare
gli ambienti di lavoro dove possano svilupparsi atmosfere esplosive
pericolose, in modo da garantire un controllo durante la presenza dei
lavoratori, mediante l’utilizzo di mezzi tecnici adeguati
- Nel caso
che la natura dell’attività non consenta di
prevenire la formazione di atmosfere esplosive, il datore di lavoro non
fa nulla per evitare l’accensione di atmosfere esplosive
- Nel caso
che la natura dell’attività non consenta di
prevenire la formazione di atmosfere esplosive, il datore di lavoro non
fa nulla per attenuare gli effetti di un’esplosione
- Il datore
di lavoro non predispone il documento sulla protezione contro le esplosioni (parte integrante del documento sulla
valutazione dei rischi)
Per
quanto riguarda chi può comminare sanzioni e qual è
l’iter seguito dalla prescrizione, ci si può rifare a quanto già detto sopra
per quanto riguarda gli impianti di terra e di protezione contro le scariche
atmosferiche. In realtà, dietro a questo meccanismo delle sanzioni c’è un’ombra
incombente, che potrebbe rendere vane quelle relative a
impianti di terra e protezione fulmini. All’art. 1 comma 2 del DPR 462/01,
viene affermato che con uno o più decreti saranno individuati gli impianti
oggetto del DPR 462 stesso, cioè questi decreti
dovranno dirci dove, a quali impianti, applicare il DPR 462. Attualmente
l’unico decreto che specifica con sufficiente chiarezza qual è il campo di
applicazione del DPR 462, è il Dlgs 233/03 relativo
agli impianti nei luoghi con pericolo di esplosione, in vigore dal 10 settembre
2003.Per questo tipo di impianti quindi le sanzioni
sono incontestabili, mentre per quanto riguarda gli impianti di terra e quelli
di protezione contro le scariche atmosferiche, questi decreti non sono ancora
stati emanati e quindi rimane per essi un margine di indeterminatezza
nell’individuare il campo di applicazione del DPR 462/01. In attesa lo si applica a quelle tipologie di impianti
individuate attraverso leggi e norme vigenti. Ma proprio per questo cavillo, le
sanzioni riguardanti le verifiche su impianti di terra
e di protezione fulmini potrebbero essere contestate, adducendo il venir meno
del principio di legalità.
Dubbi, chiarimenti
interpretativi e altre situazioni
- Installatore. Già si sa che il verificatore di un Organismo abilitato, assume durante la verifica
stessa la veste di pubblico ufficiale. Anche l'installatore, che
rilasciando la dichiarazione di conformità omologa l'impianto di terra e/o
l'impianto di protezione dalle scariche atmosferiche si sostituisce agli
Enti (ASL, ISPESL), diventa in quell'atto un pubblico ufficiale ed è quindi tenuto a
segnalare ad ispettori con la qualifica di "ufficiali di polizia
giudiziaria" (ispettori degli enti suddetti) eventuali inadempienze.
In caso contrario potrebbe essere accusato di omessa
denuncia di reato.
- Verifica
biennale o quinquennale. Chi
stabilisce se l'ambiente in cui effettuare la
verifica deve sottostare ad una verifica biennale (cantiere, medico,
incendio, esplosione) o quinquennale? Il datore di lavoro che se ne assume ovviamente la responsabilità.
- Decreto
sul decreto. Il DPR 462/01
stabilisce che i luoghi oggetto del decreto stesso saranno
individuati con un successivo decreto, che stabilisca con precisione quali
sono i luoghi a maggior rischio in caso di incendio, i luoghi con pericolo
di esplosione, etc. Al momento del decreto atteso nessuna traccia e questo
lascia dubbi sulla legalità delle sanzioni.
- Luoghi
sia biennali che quinquennali.
Cosa fare nel caso in cui in un unico posto di lavoro siano
presenti alcuni ambienti per i quali è prevista la verifica biennale (es.
centrale termica, ambulatorio medico, etc.) e altri per i quali è prevista
la verifica quinquennale ? Possiamo individuare tre soluzioni. La prima è
quella di non porsi il problema e seguire il decreto alla lettera: ogni
due anni si effettua la verifica nell'ambiente
biennale e ogni cinque anni si effettua la verifica nell'ambiente
quinquennale: semplice ma forse poco razionale. La seconda soluzione
potrebbe essere quella di effettuare la verifica
ogni due anni per l'intero impianto, a patto che il locale che prevede il
biennale sia quello a superficie prevalente, altrimenti si dovrebbe
presumere che il datore di lavoro non sia molto d'accordo. Una terza
soluzione, di mezzo, potrebbe essere quella di alternare, a intervalli regolari di due anni, una verifica totale
dell'impianto e una verifica parziale cioè di quei soli locali che
richiedono il biennale. E' vero che quest'ultima
soluzione accorcia il quinquennale a quadriennale, però razionalizza gli
spostamenti del verificatore e le incombenze del datore di lavoro.
- Verificatori. Che caratteristiche
devono avere i verificatori degli Organismi abilitati? Un chiarimento del
Ministero delle Attività Produttive ha stabilito più che altro chi non lo
può fare. Viene escluso infatti chiunque svolga attività di consulenza,
progettazione, installazione, manutenzione di impianti
(anche se non è quello da verificare) e qualsiasi tecnico che collabori
con studi di progettazione o imprese di installazione. Questo per
garantire l'indipendenza degli Organismi abilitati. L’elenco dei
verificatori viene inviato ed esaminato dal ministero delle attività
produttive. Poi in sostanza viene lasciata la responsabilità alla serietà
del singolo Organismo.
- Sovrapposizione
di verifiche. Il DPR 462/01 prevede due obblighi per il datore di lavoro:
quello di effettuare queste verifiche “ispettive”
di cui stiamo parlando, con la cadenza stabilita, e quello di effettuare
regolari manutenzioni dell'impianto che si possono tradurre anche con
l'effettuazione di verifiche “manutentive”
previste dalla vigente normativa CEI per quell'ambiente.
Ricordiamo che la manutenzione degli impianti ai
fini della sicurezza è un obbligo previsto oltre che dal DPR 462/01 (art.
4), anche dal DPR 547/55 (artt. 267 e 374) e dal
Dlgs 626/94 (artt. 3 e 32). Le prime verifiche
sono effettuate dall'ASL/ARPA od Organismo abilitato, le seconde da liberi professionisti. In questo modo non dovrebbero
esserci sovrapposizioni di competenze, anche se è abbastanza utopistico
aspettarsi che un datore di lavoro faccia eseguire le une e le altre
verifiche.
- Sanzioni
nel caso di impianti realizzati prima
dell’entrata in vigore del DPR 462/01 e mai denunciati. Ci si chiede: Esiste un limite di tempo oltre
il quale l’omessa denuncia cade in prescrizione,
oppure è una violazione che può essere contestata sempre ? Seppure non ci
sia ancora un’interpretazione univoca, la tesi prevalente dovrebbe essere
che l’omessa denuncia è considerato un reato permanente e che esista continuità normativa tra il DM 12/09/59 e il DPR
462/01. In questo caso l’organo di vigilanza può contestare il reato senza
limiti di tempo e il datore di lavoro commette
reato fino alla denuncia. Il reato si prescrive
solo dopo tre anni + trenta giorni dalla ritardata denuncia. Nel caso in
cui venisse accolta invece la tesi della
discontinuità tra il DM 12/09/59 e il DPR 462/01, il reato ricomincerebbe
dalla data di entrata in vigore del nuovo decreto (23 gennaio 2001) e si
prescriverebbe quindi il 23 gennaio 2005.
- Differenze
tra ASL/ARPA e Organismo abilitato. Chiamata dal datore di lavoro ad effettuare
la verifica, l'ASL/ARPA ha facoltà di estendere la verifica all'intero
ambito della sicurezza all'interno dell'azienda, mentre l'Organismo
abilitato si deve limitare ad effettuare le sole verifiche previste.
- ASL/ARPA
in azienda. Al contrario di
quanto succedeva prima, l'ASL/ARPA non può
presentarsi in azienda per effettuare un controllo, diciamo così, a
sorpresa. Può solamente presentarsi per chiedere il verbale di verifica ed accertarsi che le scadenze siano state
rispettate. L'ASL/ARPA deve essere chiamata dal datore di lavoro, che
peraltro ha l'obbligo di chiamarla (o almeno l'Organismo abilitato).
- Dichiarazione
da trasmettere. Come sappiamo, al termine dei lavori l'installatore deve
inviare la dichiarazione di conformità per omologare l'impianto. Ma quale
dichiarazione? L'intera dichiarazione, cioè
quella comprensiva anche degli allegati obbligatori previsti, o una
versione light con la sola prima pagina? L'ISPESL, atterrita dall'arrivo di una possibile valanga cartacea, si è affrettata a
specificare che è sufficiente inviare il solo frontespizio, assieme al
modulo di trasmissione della dichiarazione. D'altra
parte l'intera dichiarazione, che non è completa senza gli allegati, deve
essere disponibile per un controllo presso l'azienda.
- Chi
deve effettuare le verifiche straordinarie in
seguito ad esito negativo della verifica?
Si potrebbero prospettare le seguenti possibilità:
- A scelta, da parte del datore di lavoro, uno
dei soggetti abilitati;
- Obbligatoriamente, su
richiesta del datore di lavoro, il soggetto che ha effettuato la stessa
verifica periodica con esito negativo;
- D’ufficio, il soggetto
che ha effettuato la stessa verifica periodica con esito negativo.
Probabilmente la scelta corretta è la
prima, poiché anche il decreto non specifica nulla al
riguardo. Un’alta questione non chiara è il significato di atto amministrativo che assume la verifica straordinaria,
eseguita in seguito a modifiche sostanziali, poiché il rilascio da parte
dell’impresa installatrice assume di per sé una riomologazione
dell’impianto.
- Il
contenuto del verbale di verifica di un Organismo
abilitato. (Circ. n. 826303
18/04/03 Min. Att. Prod)
- La descrizione sommaria dei controlli e delle
misure effettuate;
- I dati relativi alle suddette misure;
- Il nominativo del
verificatore che, per conto dell’Organismo, ha effettuato la verifica.
Nel verbale dovranno inoltre essere
sinteticamente indicati i seguenti elementi:
- Anno di installazione
dell’impianto
- Presenza o meno della
dichiarazione di conformità ai sensi della legge 46/90
- Presenza
o meno del progetto (in relazione alla tipologia
dell’impianto stesso).
- Dubbio
interpretativo: quando si
valutano vecchi impianti già in servizio, cioè
preesistenti alla data del 23/01/02, nei casi c) e d) quando si invia la
dichiarazione di conformità si deve anche richiedere subito la verifica
periodica, poiché presumibilmente sono già trascorsi 2/5 anni dalla messa
in esercizio effettiva dell’impianto, oppure la verifica non ha
significato di esistere, perché il rilascio della dichiarazione di conformità
presuppone che l’installatore esegua le verifiche al termine
dell’impianto. La soluzione che sembra più logica è la seguente:
richiedere subito la verifica periodica solo nei
casi in cui non si fa eseguire un adeguamento dell’impianto dall’impresa
installatrice, e quindi nel caso dell’invio dell’atto notorio (d3) e nel
caso in cui già esista una dichiarazione di conformità (c1).
- Qual è
il soggetto tenuto a presentare la denuncia e a
fare effettuare le verifiche?
Sembra una domanda inutile poiché è stato ribadito più volte che si tratta del datore di lavoro, ma un dubbio può
sorgere: spesso chi ha lavoratori dipendenti all’interno di una struttura,
non è il proprietario della struttura, ma solo l’affittuario. Ebbene cosa
accade ? Nulla, ribadiamo
che è sempre colui che ha alle proprie dipendenze lavoratori subordinati
che deve ottemperare agli obblighi del DPR 462/01, anche se utilizza solo
i locali e non ne è il proprietario. Rimane l’incertezza su chi debba sobbarcarsi l’onere economico della verifica, ma
questo varia da caso a caso, poiché dipende dal contratto di locazione
stabilito fra proprietario e datore di lavoro.
- E se i
dipendenti sono i familiari del datore di lavoro? In caso di aziende in
cui lavorano solo familiari del datore di lavoro (la cosiddetta impresa
familiare), questi non sono considerati lavoratori subordinati (ai sensi
dell’art. 3 del DPR 547/55), e quindi non si applica il DPR 462/01. Questa
interpretazione deriva dalla sentenza n. 212 del 3 maggio 1993 della Corte Costituzionale, la quale afferma in
sostanza che visti i legami affettivi esistenti, sarebbe problematico
l’incastro di obblighi e doveri sanzionati anche attraverso procedure
d’ufficio, e quindi dispone la non applicabilità del DPR 547/55 alle
imprese familiari. L’impresa familiare è definita dall’art. 230-bis del
Codice Civile in questo modo: “quando i
familiari, e non altri soggetti prestano in modo continuativo la propria
attività di lavoro nella famiglia o nell’impresa e non sia configurabile
un diverso rapporto”. Per familiari si intendono
il coniuge, i parenti fino al terzo grado (genitori e figli, fratelli e
sorelle, nonni e nipoti, zii e nipoti) e gli affini fino al secondo grado
(suoceri, nuore e generi, coniuge e cognati, coniuge e nonni dell’altro
coniuge). Va da sé che la sola presenza di un
lavoratore subordinato esterno alla famiglia comporta l’attivazione delle
procedure di denuncia degli impianti, previsto dal decreto. Ricordiamo che
se i familiari prestano la propria attività in modo saltuario, o se il
rapporto tra familiari è definito con una forma
societaria (es. srl, snc,
sas, etc.), o se il rapporto ha le
caratteristiche di una società di fatto, allora non si può più parlare di
impresa familiare.
- Se in
un locale, ad esempio una abitazione, lavorano
dipendenti di una impresa esterna?
In questo caso non occorre effettuare la denuncia
dell’impianto di terra, in quanto i lavoratori subordinati svolgono
saltuariamente la loro attività. Ad esempio il dipendente dell’impresa
installatrice, dell’idraulico o dell’impresa edile che svolgono lavori in
un edificio di civile abitazione non presuppongono quindi l’attivarsi delle verifiche.
- Impianto
di terra comune a diverse attività. Un locale può comprendere differenti attività
che fanno capo a differenti datori di lavoro. L’omologazione e le
verifiche successive devono essere richieste
separatamente da ciascun datore di lavoro, in quanto se è vero che
l’impianto di terra è unico, non è lo stesso per tutti gli altri
dispositivi utilizzati per la protezione contro i contatti indiretti,
interruttori differenziali, conduttori di protezione, equipotenziali,
etc.
- Il
comune dà in concessione ad aziende private la gestione di
impianti e/o locali (es. asili nido). Ribadiamo ancora una
volta che è il datore di lavoro che si deve attivare per l’effettuazione
delle verifiche. In questo caso quindi è l’azienda che ha in gestione i
locali che se ne deve occupare (sempre ovviamente
che abbia alle proprie dipendenze dei lavoratori subordinati). Come per
gli affittuari di un locale, anche qui può
sorgere il dubbio su chi debba prosaicamente sborsare i soldi, e anche qui
dipende dal contratto di gestione stipulato fra Ente locale e azienda
privata.
- Impianto già realizzato, in
cui viene assunto il primo dipendente. Può accadere che l’impianto
sia stato realizzato in un locale utilizzato da un’impresa familiare o
individuale. Al momento del ricevimento della dichiarazione di conformità da parte dell’installatore,
l’utilizzatore del locale non deve denunciare l’impianto di terra (e/o
scariche atmosferiche e/o esplosione). Nel momento in cui una persona
viene assunta, l’utilizzatore del locale diventa datore di lavoro e come
tale, sottoposto all’obbligo di invio della dichiarazione di conformità
(già posseduta da tempo) all’ISPESL e all’ASL/ARPA,
entro trenta giorni dalla data di assunzione del lavoratore subordinato.
Tabella riassuntiva obblighi
previsti per impianti nuovi o con modifiche sostanziali
Impianto
|
Omologazione
|
Invio della dichiarazione
di conformità
|
Verifica a campione
|
Periodicità della verifica
|
Verificatore
|
Impianti di terra in
locali ordinari
|
Tramite la
dichiarazione di conformità dell'installatore
|
All'ISPESL e
all'ASL/ARPA entro 30 giorni dalla messa in servizio dell'impianto
|
ISPESL
|
Cinque anni
|
ASL/ARPA od Organismo
abilitato
|
Dispositivi di
protezione contro le scariche atmosferiche in locali
non particolari
|
Tramite la
dichiarazione di conformità dell'installatore
|
All'ISPESL e all'ASL/ARPA
entro 30 giorni dalla messa in servizio dell'impianto
|
ISPESL
|
Cinque anni
|
ASL/ARPA od Organismo
abilitato
|
Impianti di terra in
cantieri, locali medici, ambienti a maggior rischio in caso di incendio
|
Tramite la dichiarazione
di conformità dell'installatore
|
All'ISPESL e
all'ASL/ARPA entro 30 giorni dalla messa in servizio dell'impianto
|
ISPESL
|
Due anni
|
ASL/ARPA od Organismo
abilitato
|
Dispositivi di
protezione contro le scariche atmosferiche in
cantieri, locali medici, ambienti a maggior rischio in caso di incendio
|
Tramite la
dichiarazione di conformità dell'installatore
|
All'ISPESL e
all'ASL/ARPA entro 30 giorni dalla messa in servizio dell'impianto
|
ISPESL
|
Due anni
|
ASL/ARPA od Organismo
abilitato
|
Impianti elettrici in
luoghi con pericolo di esplosione
|
Tramite prima verifica
ASL/ARPA
|
All'ASL/ARPA entro 30
giorni dalla messa in servizio dell'impianto
|
NO
|
Due anni
|
ASL/ARPA od Organismo
abilitato
|
Ambito di applicazione
Sappiamo
che il decreto si applica agli impianti elettrici di
messa a terra, ai dispositivi di protezione contro le scariche atmosferiche e
agli impianti con pericolo di esplosione, installati in luoghi di lavoro.
Abbiamo anche detto che gli impianti soggetti all’obbligo di verifica
saranno individuati attraverso l’emanazione di appositi decreti ministeriali.
Fino ad ora, l’unico di questi decreti è il Dlgs
233/03 che riguarda gli impianti nei luoghi con pericolo
di esplosione. Per individuare gli impianti soggetti al DPR 462/01 per gli
altri tipi di impianti (terra e fulmini), si deve
continuare a fare riferimento alle disposizioni legislative vigenti.
Impianto
elettrico di messa a terra
E’ il sistema di protezione contro i contatti
indiretti attraverso l’interruzione automatica dell’alimentazione. Una
circolare ISPESL definisce la verifica dell’impianto di terra come “la verifica
del sistema di protezione contro i contatti indiretti con interruzione
automatica dell’alimentazione, nel significato della regola dell’arte ai sensi
della legge 186/68, in particolare delle norme CEI 64-8, CEI 11-1 e delle
corrispondenti norme IEC e documenti di armonizzazione
europea”. Non vanno quindi denunciati gli impianti elettrici che basano la loro
protezione su un differente metodo, ad esempio doppio isolamento o separazione
elettrica. Non vanno nemmeno denunciati gli impianti di terra realizzati per
altri scopi come la protezione catodica o la messa a terra degli SPD.
Impianti
elettrici nei cantieri
Per impianti elettrici nei "cantieri" s’intendono (ai sensi del DPR
494/96 e successive modificazioni, e della Norma CEI 64-8/7, art. 704.1) gli
impianti temporanei realizzati nei cantieri destinati a:
- lavori di
costruzione, manutenzione, riparazione, demolizione, conservazione, risanamento,
ristrutturazione, o equipaggiamento, e lavori di trasformazione,
rinnovamento o smantellamento di opere fisse, permanenti o temporanee, in
muratura, in cemento armato, in metallo, in legno o in altri materiali,
comprese le linee elettriche, le parti strutturali degli impianti
elettrici, le opere stradali, ferroviarie, idrauliche, marittime,
idroelettriche e, solo per la parte che comporta lavori edili o di
ingegneria civile, le opere di bonifica, di sistemazione forestale e di
sterro.
- lavori di costruzione edile o di ingegneria civile gli
scavi, e lavori di montaggio e smontaggio di elementi prefabbricati
utilizzati per la realizzazione di lavori edili o di ingegneria civile.
Impianti
elettrici nei locali adibiti ad uso medico
Per impianti elettrici nei “locali adibiti ad uso medico” (Norma CEI 64-8/7/V2,
Sezione 710) s’intendono gli impianti installati in locali destinati a scopi
diagnostici, terapeutici, chirurgici, di sorveglianza o di riabilitazione dei pazienti.
Sono compresi tra questi i locali per trattamenti estetici in
cui si fa uso di apparecchi elettrici per uso estetico.
Per apparecchio elettrico per uso estetico s’intende un apparecchio elettrico
destinato al trattamento estetico che entra in contatto fisico o elettrico col
soggetto trattato e/o trasferisce energia verso o dal
soggetto trattato.
Impianti
elettrici negli ambienti a maggior rischio in caso di incendio
Per impianti elettrici negli ambienti a maggior rischio in caso di incendio (Norma
CEI 64-8/7 Sezione 751) s’intendono gli impianti installati in ambienti che
presentano in caso d'incendio un rischio maggiore di quello che presentano
negli ambienti ordinari.
L'individuazione degli ambienti a maggior rischio in
caso d'incendio dipende da una molteplicità di parametri quali per esempio:
- densità di affollamento;
- massimo affollamento ipotizzabile;
- capacità di deflusso o di sfollamento;
- entità del danno per animali e/o cose;
- comportamento al fuoco delle strutture dell'edificio;
- presenza di materiali combustibili;
- tipo di utilizzazione dell'ambiente;
- situazione organizzativa per quanto riguarda la protezione
antincendio (adeguati mezzi di segnalazione ed estinzione incendi, piano
di emergenza e sfollamento, addestramento del personale, distanza del più
vicino distaccamento del Corpo Nazionale dei Vigili del Fuoco, esistenza
di Vigili del Fuoco aziendali ecc.).
Tutti questi parametri vanno valutati in
base ad una più ampia valutazione dei rischi derivante
dall’applicazione del Dlgs 626/94 e del DM 10/3/98.
La
nuova edizione della norma CEI 64-8, ammette che, in mancanza di una valutazione preliminare effettuata in base ai
parametri precedenti, tutti gli ambienti nei quali si svolgono le attività
elencate nel DM 16/2/82 sono considerati ambienti a maggior rischio in caso
d’incendio. Ai fini della classificazione delle caratteristiche dell’impianto
elettrico gli ambienti a maggior rischio in caso d’incendio
si suddividono in:
- Ambienti
a maggior rischio d'incendio per l'elevata densità
di affollamento o per l'elevato tempo di sfollamento in caso di incendio o
per l'elevato danno ad animali e cose.
- Rientrano
in questo caso strutture come ospedali, carceri, metropolitane, etc.
- Edifici
con strutture portanti combustibili
- Rientrano
in questo caso strutture costruite interamente o
quasi interamente in legno come le baite, ma non vi rientrano le
strutture che hanno ad esempio solo le travi in legno.
- Ambienti nei quali avviene
la lavorazione, il convogliamento, la manipolazione o il deposito dei
materiali infiammabili o combustibili sotto elencati, quando la classe del compartimento
antincendio considerato è pari o superiore a 30. I materiali infiammabili o combustibili
considerati sono i seguenti:
- Materiali,
sia allo stato di fibre o di trucioli o granulari sia allo stato di aggregati, per i quali in pratica non si considera
una temperatura d'infiammabilità. Sono tali per es.:
legno, carta, manufatti facilmente combustibili, lana, paglia, grassi
lubrificanti, trucioli;
- Materiali
aventi temperatura d'infiammabilità superiore a 40 °C o alla massima
temperatura ambiente e non soggetti a lavorazione, convogliamento,
manipolazione o deposito con modalità da
consentire loro il contatto con l'aria ambiente a temperature uguali o
superiori a quella d'infiammabilità.
Luoghi
con pericolo di esplosione
Fino al 9 settembre 2003 per individuare i luoghi con pericolo di esplosione si
continuava a fare riferimento alle disposizioni legislative fino ad allora
vigenti. Pertanto, si definivano (convenzionalmente) "luoghi con pericolo di esplosione" quelli in cui si lavoravano o
si depositavano i materiali presenti nelle Tabelle A) e B) del DM 22/12/58 le
quali individuavano i luoghi dove si applicavano gli artt.
329 e 331 del DPR 547/55.
A partire dal 10 settembre 2003, giorno di entrata in
vigore del Dlgs 233/03, viene cambiata
l’individuazione dei luoghi con pericolo di esplosione ai sensi
dell’applicazione del DPR 462/01. Non deve più essere seguita una
classificazione convenzionale basata su una tabella, ma occorre fare
riferimento ad una classificazione effettiva dei luoghi pericolosi. Infatti il Dlgs 233/03 abroga i sopraccitati artt.
329 a) e 331 del DPR 547/55 e relative tabelle A) e B) del DM 22/12/58, per
imporre la seguente situazione:
- Il datore di lavoro deve denunciare all’ASL/ARPA
gli impianti elettrici realizzati nelle aree classificate come zona 0 e
zona 1 in caso di presenza di gas, e gli impianti elettrici realizzati
nelle aree classificate come zona 20 e zona 21 in caso di presenza di polveri
- Il datore di lavoro provvede affinche'
le installazioni elettriche nelle aree classificate come zone 0, 1, 20 o
21 siano sottoposte alle verifiche biennali
previste dal DPR 462/01
Gli
impianti nei quali la classificazione porta ad avere
solo zone 2 o 22 non deve essere effettuata la denuncia degli impianti
installati in quelle zone e quindi nemmeno le verifiche periodiche. La
classificazione delle zone pericolose si deve effettuare
facendo riferimento alla norma CEI 31-30 per quanto riguarda le atmosfere
esplosive in presenza di gas e alla norma CEI 31-52 per quanto riguarda le
atmosfere esplosive in presenza di polveri combustibili.
Abbiamo detto che le tabelle A) e B) del DM 22/12/58 sono state abrogate,
ebbene è vero solo al 99% in quanto la voce 51 della
tabella A) è stata salvata e con essa l’art. 329 b) del DPR 547/55. Il motivo è
che la voce 51 si riferisce ai luoghi di lavoro nei quali vengono prodotte,
lavorate o depositate materie esplosive considerate tali dal regolamento
al T.U. delle leggi di pubblica sicurezza RD 6 maggio 1940 n. 635. Si tratta di quegli impianti nei quali il pericolo di
esplosione nasce proprio dalla presenza di sostanze come dinamite, tritolo,
etc. che non hanno la necessità del comburente per
esplodere, ma solo di un innesco. Per questi tipi di impianti
le cose rimangono come prima anche sotto l’aspetto sanzionatorio
rimanendo agganciati al Dlgs 758/94.
Installazioni e dispositivi di protezione dalle scariche
atmosferiche
Per individuare le attività in cui emerge il problema della protezione dalle
scariche atmosferiche si mantengono i riferimenti legislativi vigenti che non
sono stati abrogati.
Pertanto, si dovrà fare riferimento agli articoli 38 e 39 del DPR 547/55.
L’art. 40 (abrogato) si occupava della protezione contro le
fulminazioni dirette su edifici e strutture e in attesa dei decreti annunciati
si continua in questo modo. In sostanza la verifica non riguarda la protezione
contro le sovratensioni (SPD), ma solo i dispositivi
parafulmini (LPS).
Il decreto quindi si occupa di strutture di due tipi:
- Edifici e impianti in cui si svolgono attività
comprese nelle tabelle A o B del DM 689/59 (art.
38 a) del DPR 547/55) oppure camini industriali che, in relazione
all’ubicazione e all’altezza, possano costituire un pericolo (art. 38 b)
del DPR 547/55);
- Strutture metalliche all’aperto di notevoli
dimensioni come ponteggi, gru, recipienti, serbatoi, i quali devono essere
elettricamente collegati a terra in modo da garantire la dispersione delle
scariche atmosferiche (art. 39 del DPR 547/55).
Nel
caso in cui, dall'analisi del rischio di fulminazione delle strutture previste
dall'art. 38 comma a) e b) DPR 547/55, risulti che la
struttura è autoprotetta, e pertanto non sia stato
realizzato un impianto di captazione, non potrà esistere di conseguenza alcuna
dichiarazione di conformità.
In tal caso, il datore di lavoro si limiterà a conservare ed esibire, a
richiesta degli organi di vigilanza, la relazione tecnica da cui risulti la condizione di "struttura autoprotetta".
Per le strutture metalliche previste dall'art. 39 del DPR 547/55, nei casi
particolari in cui la struttura non sia valutabile a priori "di notevoli
dimensioni" il verificatore può richiedere al datore di lavoro una
relazione tecnica con una valutazione del rischio che dimostri che la frequenza
di fulminazione diretta sulla struttura (Nd) è
inferiore alla frequenza tollerabile (Na). Si veda
Norma CEI 81-1 art. 1.2.4 e Norma CEI 81-4.
Tabella riassuntiva dei limiti
entro i quali deve essere effettuata la denuncia degli
impianti
Condizioni necessarie affinchè scatti l'obbligo della denuncia (L'obbligo
esiste quando tutte le condizioni che riguardano un dato
impianto sono verificate)
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Impianto di messa a terra
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Dispositivi di protezione contro le scariche atmosferiche
(1° caso)
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Dispositivi di protezione contro le scariche atmosferiche
(2° caso)
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Impianti elettrici in luoghi con pericolo di esplosione per la presenza di gas o vapori
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Impianti elettrici in luoghi con pericolo di esplosione per la presenza di polveri
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Impianti elettrici in luoghi con pericolo di esplosione per la presenza di sostanze
esplosive
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L'impianto
è realizzato in un luogo di lavoro (art. 3 DPR 547/55)
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SI
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SI
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SI
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SI
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SI
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SI
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L'impianto di terra è stato
realizzato ai fini della protezione dai contatti indiretti
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SI
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L'impianto di terra non
riguarda cabine e centrali elettriche di aziende produttrici
o distributrici di energia elettrica
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L'edificio non è autoprotetto dalle scariche atmosferiche
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L'attività rientra fra
quelle elencate nella tabella A o B del DPR 689/59
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L'edificio è un camino
industriale o una struttura metallica all'aperto di notevoli dimensioni
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Esistono installazioni
elettriche nelle aree classificate come zone 0 o 1
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Esistono installazioni
elettriche nelle aree classificate come zone 20 o 21
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La
sostanza pericolosa è una sostanza esplosiva di quelle previste alla colonna
1 della voce 51, tabella A del DM 22/12/58. La sostanza è in
lavorazione e il tipo di lavorazione rientra fra quelle elencate
nella colonna 2 della medesima voce 51 tabella A.
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Ultima modifica:
Maggio 2005