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Le novità normative – Il DPR 462/01

 

 

 

 

 

Ø      C'era una volta

Ø      Cosa c'è ora

Ø      Ambito di applicazione del DPR 462/2001: un punto “quasi” fermo

Ø      Procedure per gli impianti elettrici di messa a terra e i dispositivi di protezione contro le scariche atmosferiche

Ø      Procedure per gli impianti elettrici nei luoghi con pericolo di esplosione

Ø      Disposizioni transitorie: cosa succede in caso di impianti preesistenti

Ø      Applicazione del DPR 462/01 alle attività estrattive a cielo aperto (cave) o in sotterraneo (miniere)

Ø      Sanzioni previste

Ø      Dubbi, chiarimenti interpretativi e altre situazioni

Ø      Tabella riassuntiva obblighi previsti per impianti nuovi o con modifiche sostanziali

Ø      Ambito di applicazione

Ø      Tabella riassuntiva dei limiti entro i quali deve essere effettuata la denuncia degli impianti 

 


 

C'era una volta

Prima del 23 gennaio 2002, giorno di entrata in vigore del DPR 462/01, la messa in esercizio degli impianti era effettuata tramite una verifica iniziale a carico del datore di lavoro. Successivamente, il datore di lavoro doveva inviare, entro trenta giorni dalla messa in esercizio, la domanda di omologazione degli impianti unitamente a:

Una volta espletata la formalità dell’invio dei modelli, il datore di lavoro poteva mettere in servizio gli impianti, senza attendere l’omologazione da parte dell’ISPESL (terra e scariche atmosferiche) o dell’ASL/ARPA (esplosione). Il datore di lavoro non aveva alcuna responsabilità se l’omologazione avveniva a distanza di molti anni o non avveniva affatto a causa di carenza di personale da parte degli enti preposti ai controlli.
Una volta effettuata l’omologazione, erano previste verifiche periodiche biennali, che venivano effettuate dall’ASL/ARPA per tutti e tre i tipi di impianto.
Il sistema di verifiche era regolato dai seguenti articoli del DPR 27 aprile 1955, n 547:



Cosa c'è ora

Il DPR 462/2001 abroga gli art. 40 e 328 del DPR 547/55 e gli art. 2, 3 e 4 del DM 12/9/59 “Attribuzioni dei compiti e determinazione delle modalità e delle documentazioni relative all’esercizio delle verifiche e dei controlli previste dalle norme di prevenzione degli infortuni sul lavoro” e i modelli A, B e C allegati allo stesso DM e definisce nuove modalità di denuncia, di omologazione e di verifica degli impianti di messa a terra, dei dispositivi di protezione contro le scariche atmosferiche e degli impianti elettrici nei luoghi con pericolo di esplosione. Del DM 12/9/59 sono stati invece salvati gli articoli 11 e 12 e) e il modello 0, quindi non cambia nulla per gli impianti di terra delle cabine e centrali elettriche di aziende produttrici o distributrici di energia elettrica, la cui verifica continua ad essere affidata ai datori di lavoro e il cui verbale continua ad essere conforme al modello 0. Ricordiamo che in questi casi occorrono verifiche periodiche ad intervalli non superiori a cinque anni, oppure a due anni nei casi di terra artificiale.

In sintesi le maggiori novità che vedremo sono state introdotte dal decreto, si possono elencare in:



Ambito di applicazione del DPR 462/2001: un punto “quasi” fermo

Il decreto si riferisce solo ed esclusivamente agli impianti realizzati nei luoghi di lavoro intendendo con questi i luoghi in cui si è in presenza di un lavoratore subordinato dove (art. 3 del DPR 547/55) …”per lavoratore subordinato si intende colui che fuori del proprio domicilio presta il proprio lavoro alle dipendenze e sotto la direzione altrui, con o senza retribuzione, anche al solo scopo di apprendere un mestiere, un’arte o una professione”….Quindi sono inclusi anche i luoghi in cui sono presenti solo stagisti o praticanti. Fra le attività comprese dal decreto entrano anche quelle esercitate dallo Stato, dalle Regioni, dalle Province, dai Comuni e da altri Enti pubblici, quindi impianti sportivi, illuminazione pubblica, etc. Sempre l’art. 3 del DPR 547/55 precisa che “sono equiparati ai lavoratori subordinati:

  1. i soci di società e di enti in genere cooperativi, anche di fatto, che prestino la loro attività per conto delle società e degli enti stessi;
  2. gli allievi degli istituti di istruzione e di laboratori-scuola nei quali si faccia uso di macchine, attrezzature, utensili ed apparecchi in genere.”

Nota: a parziale smentita di quanto affermato sopra, occorre dire che in base ad alcune interpretazioni, basate su sentenze di Pretori, il praticantato non può essere equiparato al lavoro subordinato, escludendo così dall’applicazione del decreto quegli studi professionali nei quali operano solo praticanti. La prima è una sentenza del Pretore di Asti dell’11 febbraio 1993 “La pratica professionale appare incompatibile con il rapporto di lavoro subordinato, in quanto essa serve principalmente a fare acquisire al praticante le nozioni e l'esperienza necessarie per diventare a tutti gli effetti un libero professionista allo stesso livello del maestro, e cioè un collega". La seconda è una sentenza del Pretore di Rimini del 26 maggio 1994 "La circostanza che il praticante percepisca un compenso non è idonea, di per sé, a trasformare il praticantato in rapporto di lavoro subordinato, quando il rapporto sia sorto e si sia sviluppato con le caratteristiche proprie del lavoro autonomo".



Procedure per gli impianti elettrici di messa a terra e i dispositivi di protezione contro le scariche atmosferiche

Chi e cosa deve fare e in che ordine:

  1. L’Installatore realizza l’impianto
  2. Una volta realizzato l’impianto, l’Installatore esegue le verifiche previste dalle norme e dalle disposizioni di legge sull’impianto stesso.
  3. L’Installatore rilascia al datore di lavoro, la dichiarazione di conformità ai sensi dell’art. 9 della legge 46/90 e compilata in base al modello previsto dal DM 20/2/92. La dichiarazione viene sottoscritta dall’installatore, è datata e riporta la descrizione dell’impianto e i riferimenti normativi, oltre che l’indirizzo dell’immobile presso cui è installato l’impianto.
  4. Solo dopo il ricevimento della dichiarazione di conformità (atto che, di fatto fornisce l’omologazione degli impianti) il datore di lavoro può mettere in esercizio l’impianto, cioè iniziare l’attività lavorativa.
  5. Entro trenta giorni dalla messa in esercizio dell’impianto il datore di lavoro invia una copia della dichiarazione di conformità all’ISPESL e una copia all’ASL/ARPA territorialmente competenti. Nei comuni in cui sia stato attivato lo Sportello Unico per le attività produttive, le due copie vanno inviate ad esso, che provvederà all’inoltro ai soggetti precedenti (ISPESL e ASL/ARPA). Non è necessario inviare, insieme alla dichiarazione di conformità, anche gli allegati obbligatori e facoltativi previsti dal DM 20/2/92. Questi allegati, conservati presso il luogo dell’impianto, devono essere resi disponibili in occasione delle visite periodiche del verificatore. Il datore di lavoro, pertanto, invia insieme alla dichiarazione (senza allegati, come detto) un modulo di trasmissione della dichiarazione in cui si descrive localizzazione, tipologia e dimensioni dell’impianto.
  6. L’ISPESL rilascia un attestato di avvenuta ricezione della dichiarazione di conformità, trasmessa dal datore di lavoro o dallo sportello unico, al fine di documentare l’adempimento dell’obbligo.
  7. Anche l’ASL/ARPA deve rilasciare un attestato di avvenuta ricezione della dichiarazione di conformità, trasmessa dal datore di lavoro o dallo sportello unico, al fine di documentare l’adempimento dell’obbligo.
  8. La descrizione sommaria dell’impianto, fatta con il modulo di trasmissione della dichiarazione di conformità, serve all’ISPESL per effettuare delle verifiche a campione sulla conformità degli impianti alla normativa vigente, inserite in una programmazione concordata con la regione. Le risultanze di tali verifiche vengono inviate dall’ISPESL all’ASL/ARPA di competenza territoriale. Queste verifiche sono a carico del datore di lavoro.
  9. Il datore di lavoro è tenuto ad effettuare regolare manutenzione degli impianti.
  10. Il datore di lavoro è tenuto a far sottoporre gli impianti a verifica periodica. La richiesta di verifica, tramite un apposito modulo, può essere fatta all’ASL/ARPA oppure ad organismi individuati dal Ministero delle attività produttive. Questi organismi, vengono individuati anche attraverso la conoscenza della norma UNI CEI 45004 “Criteri generali per il funzionamento dei vari tipi di organismi che effettuano attività di ispezione”, oltre alla conoscenza delle norme CEI dei comitati 11 “Impianti elettrici ad alta tensione e di distribuzione di bassa tensione”, 31 “Materiali antideflagranti”, 64 “Impianti elettrici utilizzatori di bassa tensione”, 81 “Protezione contro i fulmini”. Anche queste verifiche sono a carico del datore di lavoro. La richiesta di verifica deve essere:
  11. Una volta eseguita la verifica, chi l’ha eseguita (ASL/ARPA od organismo abilitato) rilascia un verbale al datore di lavoro, il quale lo deve conservare in caso di controllo degli organi di vigilanza e per le successive verifiche.
  12. Il datore di lavoro, in caso di cessazione, modifica sostanziale o trasferimento/spostamento degli impianti, comunica immediatamente la modifica all’ISPESL e all’ASL/ARPA. La modifica sostanziale oltre la quale occorre effettuare la comunicazione si può ritenere essere quella che comporta l’obbligo del rilascio della dichiarazione di conformità di cui all’art. 9 delle legge 46/90.
  13. L’ASL/ARPA od organismo abilitato effettua una verifica straordinaria dell’impianto in caso di:

Non sono perciò, ad esempio, da considerarsi trasformazioni sostanziali, le modifiche dei quadri elettrici secondari e nei circuiti terminali, l’aumento della potenza contrattuale o il cambio di ragione sociale se ciò non comporta modifiche sull’impianto elettrico”. Per gli impianti di protezione contro le scariche atmosferiche, sono invece esempi di modifiche sostanziali:

  1. L’effettuazione delle verifiche straordinarie non modifica la data di scadenza delle verifiche periodiche, che rimangono riferite alla data della prima dichiarazione di conformità dell’impianto.


Procedure per gli impianti elettrici nei luoghi con pericolo di esplosione

Chi e cosa deve fare e in che ordine:

  1. L’Installatore realizza l’impianto.
  2. Una volta realizzato l’impianto, l’Installatore esegue le verifiche previste dalle norme e dalle disposizioni di legge sull’impianto stesso.
  3. L’Installatore rilascia al datore di lavoro, la dichiarazione di conformità ai sensi dell’art. 9 della legge 46/90 e compilata in base al modello previsto dal DM 20/2/92. La dichiarazione viene sottoscritta dall’installatore, è datata e riporta la descrizione dell’impianto e i riferimenti normativi, oltre che l’indirizzo dell’immobile presso cui è installato l’impianto.
  4. Solo dopo il ricevimento della dichiarazione di conformità, il datore di lavoro può mettere in esercizio l’impianto, cioè iniziare l’attività lavorativa (in questo caso, al momento attuale l’impianto non è ancora omologato).
  5. Entro trenta giorni dalla messa in esercizio dell’impianto il datore di lavoro invia una copia della dichiarazione di conformità all’ASL/ARPA territorialmente competenti. Nei comuni in cui sia stato attivato lo Sportello Unico per le attività produttive, la copia va inviata ad esso, che provvederà all’inoltro al soggetto precedente (ASL/ARPA). In questo caso, poiché l’omologazione dell’impianto è subordinato alla prima verifica dell’ASL/ARPA, è meglio inviare, insieme alla dichiarazione di conformità, anche gli allegati obbligatori e facoltativi previsti dal DM 20/2/92, cioè eventuale progetto, relazione con tipologie dei materiali utilizzati, schemi, riferimenti a dichiarazioni di conformità precedenti, copia del certificato di riconoscimento dei requisiti tecnico-professionali. Il datore di lavoro, pertanto, invia insieme alla dichiarazione ed agli allegati, un modulo di trasmissione della dichiarazione in cui si descrive localizzazione, tipologia e dimensioni dell’impianto.
  6. L’ASL/ARPA rilascia un attestato di avvenuta ricezione della dichiarazione di conformità, trasmessa dal datore di lavoro o dallo sportello unico, al fine di documentare l’adempimento dell’obbligo.
  7. L’ASL/ARPA, entro due anni, effettua la prima verifica sull’impianto, che ha valore di omologazione. Ricordiamo che l’omologazione è l’atto amministrativo che attesta la conformità dell’impianto considerato alla regola d’arte e alle leggi vigenti in materia.
  8. Il datore di lavoro è tenuto ad effettuare regolare manutenzione degli impianti.
  9. Il datore di lavoro è tenuto a far sottoporre gli impianti a verifica periodica. La richiesta di verifica, tramite un apposito modulo può essere fatta all’ASL/ARPA oppure ad organismi individuati dal Ministero delle attività produttive. Questi organismi vengono individuati anche attraverso la conoscenza della norma UNI CEI 45004 “Criteri generali per il funzionamento dei vari tipi di organismi che effettuano attività di ispezione”, oltre alla conoscenza delle norme CEI dei comitati 11 “Impianti elettrici ad alta tensione e di distribuzione di bassa tensione”, 31 “Materiali antideflagranti”, 64 “Impianti elettrici utilizzatori di bassa tensione”, 81 “Protezione contro i fulmini”. Queste verifiche sono a carico del datore di lavoro. La richiesta di verifica deve essere:
  10. Una volta eseguita la verifica, chi l’ha eseguita (ASL/ARPA od organismo abilitato) rilascia un verbale al datore di lavoro, il quale lo deve conservare in caso di controllo degli organi di vigilanza e per le successive verifiche.
  11. Il datore di lavoro, in caso di cessazione, modifica sostanziale o trasferimento/spostamento degli impianti, comunica immediatamente la modifica all’ASL/ARPA. La modifica sostanziale oltre la quale occorre effettuare la comunicazione si può ritenere essere quella che comporta l’obbligo del rilascio della dichiarazione di conformità di cui all’art. 9 delle legge 46/90.
  12. L’ASL/ARPA od organismo abilitato effettua una verifica straordinaria dell’impianto in caso di:

Anche le verifiche straordinarie sono onerose e le spese per la loro effettuazione sono a carico del datore di lavoro (anche se l’art. 7 del DPR 462/2001 non lo specifica chiaramente). Al termine della verifica, il tecnico redige il verbale di verifica, precisando la natura straordinaria della verifica, l’esito finale della stessa e ne rilascia una copia al datore di lavoro.

  1. L’effettuazione delle verifiche straordinarie non modifica la data di scadenza delle verifiche periodiche, che rimangono riferite alla data della prima dichiarazione di conformità dell’impianto.

 

Disposizioni transitorie: cosa succede in caso di impianti preesistenti

Si possono analizzare diversi casi che si possono verificare:

  1. Impianti già denunciati prima del 23/01/2002 e sottoposti in passato, ad omologazione o verifica
    1. Il datore di lavoro confronta la data dell’ultima verifica dell’impianto, con la scadenza prevista dal DPR 462/01.
    2. Se i due anni (impianti verificati dopo il 23/01/00) o cinque anni (impianti verificati dopo il 23/01/97), a seconda dei casi, non sono stati superati, ovviamente si attende fino alla scadenza, e poi si chiede la verifica.
    3. Se i due anni (impianti verificati prima del 23/01/00) o cinque anni (impianti verificati prima del 23/01/97) sono invece già trascorsi, il datore di lavoro deve chiedere subito la verifica periodica all’ASL/ARPA od organismo abilitato.
  2. Impianti già denunciati, ma non ancora sottoposti a verifica e quindi in attesa di prima verifica
    1. Il datore di lavoro confronta la data della denuncia dell’impianto effettuata con i modelli A, B o C, con la data di entrata in vigore della legge (23/01/2002).
    2. Per gli impianti che prevedono verifica quinquennale, se la data della denuncia è antecedente al 23/01/1997, il datore di lavoro deve presentare subito richiesta di verifica all’ASL/ARPA od organismo abilitato.
    3. Per gli impianti che prevedono verifica biennale, se la data della denuncia è antecedente al 23/01/2000, il datore di lavoro deve presentare richiesta di verifica all’ASL/ARPA od organismo abilitato.
    4. Nel caso in cui il biennio o il quinquennio non sia ancora compiuti, si attende la scadenza e si invia la richiesta di verifica.
  3. Impianti mai denunciati e realizzati dopo l’entrata in vigore della legge 46/90 (13 marzo 1990)
    1. Se il datore di lavoro ha la dichiarazione di conformità, la invia all’ISPESL e/o all’ASL/ARPA, per la denuncia dell’impianto , seguendo quindi una procedura simile a quella prevista per i nuovi impianti. Ci si deve aspettare una sanzione pecuniaria per inadempienza degli obblighi previsti dagli art. 40, 328 e 336 del DPR 547/55 (omessa denuncia)
    2. Se il datore di lavoro non ha la dichiarazione di conformità, occorre affidare ad un’impresa installatrice interventi di ristrutturazione/adeguamento degli impianti, facendosi rilasciare poi una dichiarazione di conformità da inviare all’ISPESL e/o all’ASL/ARPA, per la denuncia dell’impianto. Ovviamente è possibile una sanzione pecuniaria per doppia inadempienza.
  4. Impianti mai denunciati e realizzati prima dell’entrata in vigore della legge 46/90 (13 marzo 1990)
    1. Se l’impianto non è stato oggetto di ristrutturazioni, non è in possesso della dichiarazione di conformità (ed è normale che sia così).
    2. Il datore di lavoro fa accertare da un professionista abilitato iscritto all’Albo, la rispondenza dell’impianto ai requisiti essenziali di sicurezza previsti.
    3. Se l’impianto è conforme alla regola d’arte, il datore di lavoro invia, al posto della dichiarazione di conformità, una dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà (atto notorio) in analogia con quanto previsto dall’art. 6 del DPR 392/94, insieme alla relazione di verifica tecnica degli impianti, effettuata dal professionista. Inoltre è necessario predisporre la documentazione aggiornata dell’impianto, che risulta indispensabile per l’esecuzione delle verifiche periodiche e per l’esercizio dell’impianto.
    4. Se l’impianto non risulta conforme alla regola d’arte,il datore di lavoro incarica un’impresa installatrice di eseguire lavori di adeguamento/completamento/ristrutturazione dell’impianto. Dopo di che invia la dichiarazione di conformità dell’intero impianto (non soltanto dei lavori di ristrutturazione) all’ISPESL e/o all’ASL/ARPA
    5. Ci si deve aspettare una sanzione per omessa denuncia.
  5. Impianti realizzati dopo l’entrata in vigore della legge 46/90 (13 marzo 1990) e non soggetti all’obbligo di rilascio della dichiarazione di conformità (es. impianti di protezione da scariche atmosferiche in edifici non adibiti ad uso civile, impianti elettrici installati all’aperto, impianti di illuminazione pubblica, etc.)
    Ricordiamo infatti che alcune tipologie di impianto non ricadono nell’ambito di applicazione della legge 46/90, la quale prevede il rilascio della dichiarazione di conformità. Ad esempio la legge non prende in considerazione gli impianti elettrici installati completamente all’aperto; prende in considerazione gli impianti di protezione dalle scariche atmosferiche solo negli edifici adibiti ad uso civile e quindi non nei luoghi di lavoro. Un eventuale futuro Testo Unico sull’impiantistica potrebbe sanare la situazione prevedendo l’ applicazione della legge 46/90 agli impianti installati negli “edifici quali ne sia la destinazione d’uso”, risolvendo così il problema per gli impianti di protezione dalle scariche atmosferiche. In attesa che la situazione si sistemi, l’obbligo di rilascio della dichiarazione di conformità (previsto dal DPR 462/01) si può intendere soddisfatto con una dichiarazione di esecuzione alla regola dell’arte riferita alla legge 186/68. (Circolare ISPESL)
    1. Il datore di lavoro incarica un’impresa installatrice di eseguire un controllo sull’impianto;
    2. L’impresa installatrice rilascia una dichiarazione di esecuzione alla regola dell’arte ai sensi della legge 186/68, unitamente ad una dichiarazione di verifica dell’impianto.
  6. Impianti già denunciati e privi della dichiarazione di conformità, perché realizzati prima dell’entrata in vigore della legge 46/90 (13 marzo 1990)

    In teoria si ricade nel caso a). In pratica sarebbe auspicabile che la procedura seguisse quella del caso d). Nel caso in cui l’impianto venisse ristrutturato, l’impresa installatrice al termine dei lavori rilascerebbe la dichiarazione di conformità e il datore di lavoro la invierebbe all’ISPESL e all’ASL/ARPA. La scadenza delle verifiche periodiche non viene però modificata dall’invio della dichiarazione di conformità, e rimane quindi quella già stabilita in precedenza, a partire dal momento in cui l’impianto è entrato in servizio.
  7. Impianti che passano, attraverso un’operazione di subentro, da un datore di lavoro ad un altro
    1. Se il nuovo datore di lavoro non ha introdotto modifiche sostanziali all’impianto, non cambia sostanzialmente nulla. L’unico obbligo del nuovo datore di lavoro è quello di comunicare all’ISPESL e all’ASL/ARPA la variazione di ragione sociale.
    2. Se il nuovo datore di lavoro introduce modifiche sostanziali all’impianto (es. cambio alimentazione da BT a MT, cambio di destinazione d’uso di un locale, etc.), oltre alla variazione di ragione sociale deve comunicare all’ISPESL e all’ASL/ARPA la modifica effettuata. In questo caso è necessario che il datore di lavoro si attivi anche per richiedere la verifica straordinaria prevista dal DPR 462/01 in caso di modifica sostanziale dell’impianto.
    3. Se il nuovo datore di lavoro sostituisce completamente l’impianto, si ricade nel caso della denuncia di un nuovo impianto
    4. Se il vecchio datore di lavoro non aveva denunciato gli impianti, si ricade in uno dei casi esaminati precedentemente, con la differenza che ora il reato di omessa denuncia non può (o non dovrebbe) essere contestato al nuovo datore di lavoro.


Applicazione del DPR 462/01 alle attività estrattive a cielo aperto (cave) o in sotterraneo (miniere)

In questo caso un aiuto all’interpretazione è giunto dalla Direzione Generale per l’Energia e le Risorse Minerarie, che ha risposto ad un quesito posto dall’Ufficio Prevenzione e Sicurezza della Regione Toscana, riguardo all’applicabilità del DPR 462/01 a cave e miniere.

Con una risposta datata 18 aprile 2002 si conferma sostanzialmente che l’articolo di riferimento per le verifiche periodiche nel settore minerario è il 31 del Dlgs 624/96 “Attuazione della direttiva 92/91/CEE relativa alla sicurezza e salute dei lavoratori nelle industrie estrattive per trivellazione e della direttiva 92/104/CEE relativa alla sicurezza e salute dei lavoratori nelle industrie estrattive a cielo aperto o sotterranee”. Al comma 1 dell’art 31 vengono indicate le modalità di denuncia “Il datore di lavoro, conformemente alle modalità di cui al decreto del Ministro del lavoro in data 12 settembre 1959, ……. e successive modifiche ed integrazioni, deve denunciare all’autorità di vigilanza competente, prima della loro messa in esercizio, le attrezzature e gli impianti per i quali sono previste verifiche periodiche nei citati decreti n. 547 del 1955, n. 128 del 1959 e n. 886 del 1979”, mentre al comma 4 dello stesso art. 31 si indicano i tipi di verifica da effettuare e la loro periodicità Le verifiche periodiche degli impianti di messa a terra, delle installazioni e dei dispositivi di protezione contro le scariche atmosferiche omologati ai sensi dell’articolo 1 del decreto interministeriale 15 ottobre 1993, n. 519, ……… sono condotte dall’autorità di vigilanza competente ad intervalli non superiori a 2 anni”.

L’autorità di vigilanza competente citata al comma 4, viene esplicitata all’art. 3 del Dlgs 624/96: si tratta della Direzione generale delle miniere e dei suoi uffici periferici per quanto riguarda le attività minerarie relative a sostanze minerali di prima categoria (estratti dalle miniere come grafite, combustibili solidi, liquidi e gassosi, rocce asfaltiche e bituminose, pietre preziose, acque minerali e termali, etc. ), e delle Regioni per quanto riguarda le attività estrattive relative a sostanze minerali di seconda categoria (estratti dalle cave come materiali per costruzioni edilizie, stradali e idrauliche, quarzo, sabbie silicee, etc. ). Per un elenco completo delle sostanze occorre consultare il RD 1443 del 29 luglio 1927.

Al comma 5 dell’art. 31 viene consentito che “l’autorità di vigilanza possa avvalersi, d’intesa con il datore di lavoro, di Enti e laboratori conformi alle norme tecniche armonizzate, previamente individuate dall’autorità stessa; le spese relative sono a carico del datore di lavoro.

L’art. 31 fa riferimento al DM 12/09/59 - gli art. 2,3,4 e i modelli A,B,C del DM sono stati abrogati - quindi le denunce non possono che effettuarsi attraverso il DPR 462/01 che ha sostituito, in un certo qual modo, il DM 12/09/59.

In conclusione si può affermare che anche le verifiche in cave e miniere vanno effettuate seguendo le procedure previste dal DPR 462/01.


 

Sanzioni previste

Dopo il 10 settembre 2003 con l’entrata in vigore del Dlgs 233/03 “Attuazione della direttiva 99/92/CE relativa alle prescrizioni minime per il miglioramento della tutela della sicurezza e della salute dei lavoratori esposti al rischio di atmosfere esplosive”, occorre distinguere due situazioni sanzionatorie differenti. La prima per gli impianti di terra e dispositivi di protezione dalle scariche atmosferiche, per i quali ci si deve ancora rifare al DPR 547/55, e la seconda per gli impianti nei luoghi con pericolo di esplosione, per i quali il nuovo decreto ha classificato inadempienze e sanzioni differenti:

Per quanto riguarda chi può comminare sanzioni e qual è l’iter seguito dalla prescrizione, ci si può rifare a quanto già detto sopra per quanto riguarda gli impianti di terra e di protezione contro le scariche atmosferiche. In realtà, dietro a questo meccanismo delle sanzioni c’è un’ombra incombente, che potrebbe rendere vane quelle relative a impianti di terra e protezione fulmini. All’art. 1 comma 2 del DPR 462/01, viene affermato che con uno o più decreti saranno individuati gli impianti oggetto del DPR 462 stesso, cioè questi decreti dovranno dirci dove, a quali impianti, applicare il DPR 462. Attualmente l’unico decreto che specifica con sufficiente chiarezza qual è il campo di applicazione del DPR 462, è il Dlgs 233/03 relativo agli impianti nei luoghi con pericolo di esplosione, in vigore dal 10 settembre 2003.Per questo tipo di impianti quindi le sanzioni sono incontestabili, mentre per quanto riguarda gli impianti di terra e quelli di protezione contro le scariche atmosferiche, questi decreti non sono ancora stati emanati e quindi rimane per essi un margine di indeterminatezza nell’individuare il campo di applicazione del DPR 462/01. In attesa lo si applica a quelle tipologie di impianti individuate attraverso leggi e norme vigenti. Ma proprio per questo cavillo, le sanzioni riguardanti le verifiche su impianti di terra e di protezione fulmini potrebbero essere contestate, adducendo il venir meno del principio di legalità.



Dubbi, chiarimenti interpretativi e altre situazioni

Probabilmente la scelta corretta è la prima, poiché anche il decreto non specifica nulla al riguardo. Un’alta questione non chiara è il significato di atto amministrativo che assume la verifica straordinaria, eseguita in seguito a modifiche sostanziali, poiché il rilascio da parte dell’impresa installatrice assume di per sé una riomologazione dell’impianto.

Nel verbale dovranno inoltre essere sinteticamente indicati i seguenti elementi:



Tabella riassuntiva obblighi previsti per impianti nuovi o con modifiche sostanziali

 

Impianto

Omologazione

Invio della dichiarazione
di conformità

Verifica a campione

Periodicità della verifica

Verificatore

Impianti di terra in locali ordinari

Tramite la dichiarazione di conformità dell'installatore

All'ISPESL e all'ASL/ARPA entro 30 giorni dalla messa in servizio dell'impianto

ISPESL

Cinque anni

ASL/ARPA od Organismo abilitato

Dispositivi di protezione contro le scariche atmosferiche in locali non particolari

Tramite la dichiarazione di conformità dell'installatore

All'ISPESL e all'ASL/ARPA entro 30 giorni dalla messa in servizio dell'impianto

ISPESL

Cinque anni

ASL/ARPA od Organismo abilitato

Impianti di terra in cantieri, locali medici, ambienti a maggior rischio in caso di incendio

Tramite la dichiarazione di conformità dell'installatore

All'ISPESL e all'ASL/ARPA entro 30 giorni dalla messa in servizio dell'impianto

ISPESL

Due anni

ASL/ARPA od Organismo abilitato

Dispositivi di protezione contro le scariche atmosferiche in cantieri, locali medici, ambienti a maggior rischio in caso di incendio

Tramite la dichiarazione di conformità dell'installatore

All'ISPESL e all'ASL/ARPA entro 30 giorni dalla messa in servizio dell'impianto

ISPESL

Due anni

ASL/ARPA od Organismo abilitato

Impianti elettrici in luoghi con pericolo di esplosione

Tramite prima verifica ASL/ARPA

All'ASL/ARPA entro 30 giorni dalla messa in servizio dell'impianto

NO

Due anni

ASL/ARPA od Organismo abilitato

 



Ambito di applicazione

Sappiamo che il decreto si applica agli impianti elettrici di messa a terra, ai dispositivi di protezione contro le scariche atmosferiche e agli impianti con pericolo di esplosione, installati in luoghi di lavoro. Abbiamo anche detto che gli impianti soggetti all’obbligo di verifica saranno individuati attraverso l’emanazione di appositi decreti ministeriali. Fino ad ora, l’unico di questi decreti è il Dlgs 233/03 che riguarda gli impianti nei luoghi con pericolo di esplosione. Per individuare gli impianti soggetti al DPR 462/01 per gli altri tipi di impianti (terra e fulmini), si deve continuare a fare riferimento alle disposizioni legislative vigenti.

Impianto elettrico di messa a terra
E’ il sistema di protezione contro i contatti indiretti attraverso l’interruzione automatica dell’alimentazione. Una circolare ISPESL definisce la verifica dell’impianto di terra come “la verifica del sistema di protezione contro i contatti indiretti con interruzione automatica dell’alimentazione, nel significato della regola dell’arte ai sensi della legge 186/68, in particolare delle norme CEI 64-8, CEI 11-1 e delle corrispondenti norme IEC e documenti di armonizzazione europea”. Non vanno quindi denunciati gli impianti elettrici che basano la loro protezione su un differente metodo, ad esempio doppio isolamento o separazione elettrica. Non vanno nemmeno denunciati gli impianti di terra realizzati per altri scopi come la protezione catodica o la messa a terra degli SPD.

Impianti elettrici nei cantieri
Per impianti elettrici nei "cantieri" s’intendono (ai sensi del DPR 494/96 e successive modificazioni, e della Norma CEI 64-8/7, art. 704.1) gli impianti temporanei realizzati nei cantieri destinati a:

Impianti elettrici nei locali adibiti ad uso medico
Per impianti elettrici nei “locali adibiti ad uso medico” (Norma CEI 64-8/7/V2, Sezione 710) s’intendono gli impianti installati in locali destinati a scopi diagnostici, terapeutici, chirurgici, di sorveglianza o di riabilitazione dei pazienti.
Sono compresi tra questi i locali per trattamenti estetici in cui si fa uso di apparecchi elettrici per uso estetico.
Per apparecchio elettrico per uso estetico s’intende un apparecchio elettrico destinato al trattamento estetico che entra in contatto fisico o elettrico col soggetto trattato e/o trasferisce energia verso o dal soggetto trattato.

Impianti elettrici negli ambienti a maggior rischio in caso di incendio
Per impianti elettrici negli ambienti a maggior rischio in caso di incendio (Norma CEI 64-8/7 Sezione 751) s’intendono gli impianti installati in ambienti che presentano in caso d'incendio un rischio maggiore di quello che presentano negli ambienti ordinari.
L'individuazione degli ambienti a maggior rischio in caso d'incendio dipende da una molteplicità di parametri quali per esempio:

Tutti questi parametri vanno valutati in base ad una più ampia valutazione dei rischi derivante dall’applicazione del Dlgs 626/94 e del DM 10/3/98.

La nuova edizione della norma CEI 64-8, ammette che, in mancanza di una valutazione preliminare effettuata in base ai parametri precedenti, tutti gli ambienti nei quali si svolgono le attività elencate nel DM 16/2/82 sono considerati ambienti a maggior rischio in caso d’incendio. Ai fini della classificazione delle caratteristiche dell’impianto elettrico gli ambienti a maggior rischio in caso d’incendio si suddividono in:

Luoghi con pericolo di esplosione
Fino al 9 settembre 2003 per individuare i luoghi con pericolo di esplosione si continuava a fare riferimento alle disposizioni legislative fino ad allora vigenti. Pertanto, si definivano (convenzionalmente) "luoghi con pericolo di esplosione" quelli in cui si lavoravano o si depositavano i materiali presenti nelle Tabelle A) e B) del DM 22/12/58 le quali individuavano i luoghi dove si applicavano gli artt. 329 e 331 del DPR 547/55.
A partire dal 10 settembre 2003, giorno di entrata in vigore del Dlgs 233/03, viene cambiata l’individuazione dei luoghi con pericolo di esplosione ai sensi dell’applicazione del DPR 462/01. Non deve più essere seguita una classificazione convenzionale basata su una tabella, ma occorre fare riferimento ad una classificazione effettiva dei luoghi pericolosi. Infatti il Dlgs 233/03 abroga i sopraccitati artt. 329 a) e 331 del DPR 547/55 e relative tabelle A) e B) del DM 22/12/58, per imporre la seguente situazione:

Gli impianti nei quali la classificazione porta ad avere solo zone 2 o 22 non deve essere effettuata la denuncia degli impianti installati in quelle zone e quindi nemmeno le verifiche periodiche. La classificazione delle zone pericolose si deve effettuare facendo riferimento alla norma CEI 31-30 per quanto riguarda le atmosfere esplosive in presenza di gas e alla norma CEI 31-52 per quanto riguarda le atmosfere esplosive in presenza di polveri combustibili.
Abbiamo detto che le tabelle A) e B) del DM 22/12/58 sono state abrogate, ebbene è vero solo al 99% in quanto la voce 51 della tabella A) è stata salvata e con essa l’art. 329 b) del DPR 547/55. Il motivo è che la voce 51 si riferisce ai luoghi di lavoro nei quali vengono prodotte, lavorate o depositate materie esplosive considerate tali dal regolamento al T.U. delle leggi di pubblica sicurezza RD 6 maggio 1940 n. 635. Si tratta di quegli impianti nei quali il pericolo di esplosione nasce proprio dalla presenza di sostanze come dinamite, tritolo, etc. che non hanno la necessità del comburente per esplodere, ma solo di un innesco. Per questi tipi di impianti le cose rimangono come prima anche sotto l’aspetto sanzionatorio rimanendo agganciati al Dlgs 758/94.

Installazioni e dispositivi di protezione dalle scariche atmosferiche
Per individuare le attività in cui emerge il problema della protezione dalle scariche atmosferiche si mantengono i riferimenti legislativi vigenti che non sono stati abrogati
. Pertanto, si dovrà fare riferimento agli articoli 38 e 39 del DPR 547/55.
L’art. 40 (abrogato) si occupava della protezione contro le fulminazioni dirette su edifici e strutture e in attesa dei decreti annunciati si continua in questo modo. In sostanza la verifica non riguarda la protezione contro le sovratensioni (SPD), ma solo i dispositivi parafulmini (LPS).
Il decreto quindi si occupa di strutture di due tipi:

Nel caso in cui, dall'analisi del rischio di fulminazione delle strutture previste dall'art. 38 comma a) e b) DPR 547/55, risulti che la struttura è autoprotetta, e pertanto non sia stato realizzato un impianto di captazione, non potrà esistere di conseguenza alcuna dichiarazione di conformità.
In tal caso, il datore di lavoro si limiterà a conservare ed esibire, a richiesta degli organi di vigilanza, la relazione tecnica da cui risulti la condizione di "struttura autoprotetta".
Per le strutture metalliche previste dall'art. 39 del DPR 547/55, nei casi particolari in cui la struttura non sia valutabile a priori "di notevoli dimensioni" il verificatore può richiedere al datore di lavoro una relazione tecnica con una valutazione del rischio che dimostri che la frequenza di fulminazione diretta sulla struttura (Nd) è inferiore alla frequenza tollerabile (Na). Si veda Norma CEI 81-1 art. 1.2.4 e Norma CEI 81-4.



Tabella riassuntiva dei limiti entro i quali deve essere effettuata la denuncia degli impianti

 

Condizioni necessarie affinchè scatti l'obbligo della denuncia (L'obbligo esiste quando tutte le condizioni che riguardano un dato impianto sono verificate)

Impianto di messa a terra

Dispositivi di protezione contro le scariche atmosferiche
(1° caso)

Dispositivi di protezione contro le scariche atmosferiche
(2° caso)

Impianti elettrici in luoghi con pericolo di esplosione per la presenza di gas o vapori

Impianti elettrici in luoghi con pericolo di esplosione per la presenza di polveri

Impianti elettrici in luoghi con pericolo di esplosione per la presenza di sostanze esplosive

L'impianto è realizzato in un luogo di lavoro (art. 3 DPR 547/55)

SI

SI

SI

SI

SI

SI

L'impianto di terra è stato realizzato ai fini della protezione dai contatti indiretti

SI

NON RIGUARDA

NON RIGUARDA

NON RIGUARDA

NON RIGUARDA

NON RIGUARDA

L'impianto di terra non riguarda cabine e centrali elettriche di aziende produttrici o distributrici di energia elettrica

SI

NON RIGUARDA

NON RIGUARDA

NON RIGUARDA

NON RIGUARDA

NON RIGUARDA

L'edificio non è autoprotetto dalle scariche atmosferiche

NON RIGUARDA

SI

SI

NON RIGUARDA

NON RIGUARDA

NON RIGUARDA

L'attività rientra fra quelle elencate nella tabella A o B del DPR 689/59

NON RIGUARDA

SI

NON RIGUARDA

NON RIGUARDA

NON RIGUARDA

NON RIGUARDA

L'edificio è un camino industriale o una struttura metallica all'aperto di notevoli dimensioni

NON RIGUARDA

NON RIGUARDA

SI

NON RIGUARDA

NON RIGUARDA

NON RIGUARDA

Esistono installazioni elettriche nelle aree classificate come zone 0 o 1

NON RIGUARDA

NON RIGUARDA

NON RIGUARDA

SI

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NON RIGUARDA

Esistono installazioni elettriche nelle aree classificate come zone 20 o 21

NON RIGUARDA

NON RIGUARDA

NON RIGUARDA

NON RIGUARDA

SI

NON RIGUARDA

La sostanza pericolosa è una sostanza esplosiva di quelle previste alla colonna 1 della voce 51, tabella A del DM 22/12/58. La sostanza è in lavorazione e il tipo di lavorazione rientra fra quelle elencate nella colonna 2 della medesima voce 51 tabella A.

NON RIGUARDA

NON RIGUARDA

NON RIGUARDA

NON RIGUARDA

NON RIGUARDA

SI

 

 

 

 

 

Ultima modifica: Maggio 2005